Edizione Speciale * Festa della Donna 2017*

…a cura di Anna Maria Matilde Filippozzi

Donna
Donna, non sei soltanto l’ opera di Dio,
ma anche degli uomini, che sempre
ti fanno bella con i loro cuori.
I poeti ti tessono una rete
con fili di dorate fantasie;
i pittori danno alla tua forma
sempre nuova immortalità.
Il mare dona le sue perle,
le miniere il loro oro,
i giardini d’estate i loro fiori
per adornarti, per coprirti,
per renderti sempre più preziosa.
Il desiderio del cuore degli uomini
ha steso la sua gloria
sulla tua giovinezza.
Per metà sei donna, e per metà sei sogno.
 
 *Rabindranath Tagore*

La mimosa è la pianta simbolo dell’8 marzo solo in Italia. In altri Paesi, infatti, esistono altri fiori simbolo di questa giornata (in Francia, per esempio, si è soliti regalare alle donne una violetta).
Nel 1946 fu fu la parlamentare Teresa Mattei, figura storica della Resistenza e della nascita della Repubblica Italiana, a proporre l’idea della mimosa e a contrastare chi invece preferiva la violetta come in Francia. La mimosa è una pianta popolare, diffusa in tutta Italia e quindi facilmente reperibile da tutti, è più umile rispetto alla ricercata violetta e fiorisce proprio all’inizio di marzo!
Da allora la mimosa ed il suo inconfondibile profumo sono strettamente collegati alle donne e in modo particolare all’8 marzo.
E collegata sempre a questa bellissima pianta dai fiori gialli e particolari vi è anche una leggenda significativa che oggi vi vogliamo raccontare e che sarebbe bello poter trascrivere su di un foglio e regalare insieme al ramo di mimosa alle donne. Una leggenda che parla di coraggio, di bellezza, di come la donna è in grado di donare tutta se stessa per la vita e di come da lei e solo da lei non può che nascere la vita stessa.
La leggenda della mimosa
C’era una volta, nel tempo in cui uomini di mare affrontavano l’ignoto per spirito di avventura e di conoscenza, un popolo forte e coraggioso la cui caratteristica peculiare era il colore dei capelli.
Esso, a differenza di quello degli abitanti delle altre isole vicine, era del colore del sole.
Specialmente le donne, forti e bellissime, erano orgogliose di quelle nuvole d’oro che pettinavano per lungo tempo al giorno, inventando elaborate acconciature con trecce e nastri.
Ma i tempi erano difficili e, spesso, proprio mentre gli uomini del villaggio erano in mare per la pesca e per i loro commerci, l’isola di Rainhor veniva invasa e depredata dalle tribù nemiche.
E molto ambite erano le giovani donne dell’isola.
In uno di quei tristi giorni anche la dolce e bellissima Mihm, figlia del capo villaggio, cadde nella trappola tesale da un re nemico e venne rapita, insieme ad altre compagne, per far parte delle sue schiave.
Il fitto dedalo di scogli dell’arcipelago e l’ostilità dei luoghi, fornivano a quei malvagi un nascondiglio perfetto di cui, difficilmente, i soccorritori delle ragazze avrebbero potuto aver ragione.
La grotta dove erano state rinchiuse in attesa del loro triste destino, era accessibile solo dal mare, allorché l’alta marea sommergeva la cavità d’ingresso, ben celata dagli arbusti che crescevano fin sopra gli scogli.
Aveva un unico condotto d’aria, che aprendosi sulla volta della grotta, sbucava sulla sommità di una collinetta brulla a picco sugli scogli.
Tutto intorno il mare con il continuo soffiare del vento e il rincorrersi di gabbiani gracchianti.
La giovane Mimh, forte nella sua agilità, era ben decisa a non arrendersi al suo triste destino e, incurante del pericolo, decise che avrebbe dovuto fare qualcosa per salvare se stessa e le sue compagne.
Fu così che chiese alle compagne di essere issata sulle loro spalle per potersi infilare nello stretto cunicolo e cercare aiuto dall’alto della collina; era infatti certa che i loro parenti, e soprattutto il suo promesso sposo, stessero cercando il nascondiglio per liberarle.
Con grande sforzo la ragazza riuscì a raggiungere l’apertura collegata all’esterno e con abilità e determinazione si infilò fra le rocce , incurante dei graffi che la roccia le procurava nel tentativo di raggiungere l’esterno.
L’ultimo tratto era anche il più stretto.
Il tempo sembrava non passare mai e Mimh sentiva già venir meno la sua resistenza quando, con un ultimo sovrumano sforzo, riuscì a sporgere la testa dalla cavità.
Da lontano vide le veloci barche della sua gente ma la sua testa affiorante dalla collinetta non poteva essere notata da così lontano!
Allora, consapevole della sua fine ormai prossima, si sciolse le trecce e i suoi lunghi capelli biondi cominciarono a muoversi nel vento come una bandiera.
Era il segno, l’indicazione che gli uomini stavano ardentemente cercando.
La fine della storia – racconta la leggenda – non fu lieta.
Le compagne di Mimh furono liberate, ma la coraggiosa ragazza morì soffocata dal suo stesso ardimento e quello stretto cunicolo divenne la sua stessa tomba.
Quando il suo promesso sposo si recò sulla collina per onorare il corpo della sua sfortunata sposa con una degna sepoltura, trovò al posto di Mihm una pianta dalle radici profonde e fortissime, e una grande chioma di fiori d’oro che si muovono al vento…
Era la mimosa.

Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non finisce mai.
Oriana Fallacci

 

 

 

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