Pubblicazione del libro – “Uno studio di G . V. sulle prime Bibbie protestanti tradotte in castigliano (il primo in Italia)”… di Giancarlo Volpato… segnalazione a cura di Aldo Ridolfi… 61

…a cura di Aldo Ridolfi

LAVAGNO (VR)

SEGNALAZIONE: “UNA NUOVA PAGINA DI STORIA DELL’EDITORIA: DUE BIBBIE IN CASTIGLIANO TRA CINQUE E SEICENTO”

Esistono testi che nascono per un bisogno personale, per dare voce, per dare vita ad un intenso premere interiore. È questo un raccontare autentico, liberatorio, terapeutico.
Altri testi, invece, sono il frutto di un lavorio incessante della fantasia e raccolgono storie che riescono a vivere nella pagina come se fossero reali.
E ancora esistono testi che sono lontanissimi sia da forme autobiografiche sia da elaborazioni fantastiche. Sono i saggi che costruiscono la loro specificità su ricerche accurate ottenute utilizzando fonti e bibliografie, indagando su persone, fatti, avvenimenti. Ogni affermazione, ogni circostanza, lì, deve essere adeguatamente comprovata, documentata. E devono emergere delle tesi ché proprio nella formulazione di “leggi” il saggio trova la sua profonda validità, scientifica, certo, ma anche pedagogica.
Il testo di Giancarlo Volpato La Biblia del Oso e la Biblia del Cantaro. Alcune riflessioni sulle prime Bibbie tradotte in Castigliano, in “Teca. Testimonianze editoria cultura Arte”, n° 13-14 (marzo-settembre 2018) rientra in quest’ultimo genere di scritture.
In una quarantina di pagine, infatti, l’Autore affronta una questione a cavallo tra Cinque e Seicento, presenta persone che in quegli anni hanno operato nel settore dell’editoria, fa uso di una bibliografia in gran parte spagnola, il testo appare suddiviso in paragrafi e questi in sottoparagrafi, le citazioni dei documenti studiati – due Bibbie tradotte in lingua Castigliana nel 1569 e nel 1602 – sono fornite con preciso rigore, i collegamenti con l’ambiente culturale e religioso coevo sono sempre indicati e quando il caso sviluppati, il procedere argomentativo risponde ad una opzione scientificamente evidente, l’argomento scelto è, per l’ambiente culturale italiano, inedito, il linguaggio – pur nella sua trasparenza – si mantiene oggettivo e apparentemente privo di elementi emotivi.
Insomma, alla fine della lettura abbiamo davanti agli occhi due Bibbie tradotte in castigliano – giusto il titolo dell’articolo – il profilo biografico e culturale di due studiosi riformati Casiodoro de Reina e Cipriano de Valera, ambedue monaci gerolamini, l’attività professionale di alcuni stampatori – Samuel Apiarius e Johannes Oporinus – alcune dinamiche culturali e religiose tra Riforma e Controriforma. Tra queste ultime è motivo di riflessione questo un intrigante intreccio di motivi sparsi lungo tutto il saggio: i due monaci, passati dal cattolicesimo al protestantesimo, si vedono inserire la loro traduzione all’Indice – ancor prima che essa compaia sul mercato, a causa di un’interdizione di Paolo IV datata 1559 – per un lavoro di traduzione dal latino al castigliano mai fino ad allora intrapreso e bollato, appunto, dal papa.
Spesso i testi di saggistica si intestardiscono a rimanere tali, difficile diventa allora trovare una tacca, una fessura in cui appoggiare un grimaldello per vedere se dentro l’oggettività dello stile e della ricerca staziona qualcos’altro.
E, leggendo, la tacca entro cui – senza forzare, senza danneggiare – entra il grimaldello si trova. Ciò accade, ad esempio, dove si racconta (p. 26) che Casiodoro de Reina, ad un passo dalla pubblicazione della sua traduzione presso l’editore Oporinus, cade e rimane in coma per cinque settimane e nel frattempo lo stesso Oporinus muore ed è travolto dai debiti.

Giancarlo Volpato

Ebbene qui il saggio di Volpato, nella sua efficacia ricostruttiva, lascia intravvedere una straordinaria dimensione umana dell’esistenza. La Bibbia finisce per un attimo sullo sfondo e in primo piano arriva questo monaco con tutta la sua carica umana. La sua operazione culturale e religiosa sfugge via di lato per dare spazio ad ansie, a dubbi, a difficoltà che il lettore facilmente indovina. Ma gli amici di Francoforte intervengono, lo aiutano affinché il suo lavoro non vada sprecato. Tutto cessa di essere storia, studio, documentazione e tutto diviene “Vita”. Sono queste le pagine che più amo e che “pretendo” di scovare ogni volta che mi accingo a leggere un saggio. La dimensione storica di una vicenda accaduta quattro secoli fa perde la sua dimensione transeunte, si sublima e diventa qualcosa di universale. La storia, qui, svela la sua vocazione più autentica, quella pedagogica ed esistenziale.
Ma non è tutto. Jean Starobinski, da qualche parte, ha scritto: «Gli oggetti che disponiamo attorno noi sono dei testimoni terribilmente eloquenti… L’uomo si riconosce attraverso ciò che è suo». Ciò è anche più vero per i libri: noi siamo i libri di cui ci circondiamo. Qui le due Bibbie, di Casiodoro e di de Valera, nella ricostruzione che ne viene fatta, quasi acquistano un’anima. Lo statuto riconosciuto agli oggetti: “Ciò che può essere percepito dai sensi” diventa qui insufficiente, inefficace, inane a descrivere le due Bibbie. Si avverte che esse hanno diritto ad un altro statuto, la definizione di oggetti sta loro stretta. Nella loro storia, così come la ricostruisce Volpato, acquistano  una dimensione ontologica, e su questa strada, in qualche modo, hanno trovato un posto anche nei palchetti della mia biblioteca.
Per questo, e non mi sembra di esagerare, mi viene da dire che il lavoro del bibliofilo un po’ è opera demiurgica.

10 Settembre 2019 Presentazione sul quotidiano l’Arena di Verona, dell’Opera di Giancarlo Volpato

Aldo Ridolfi

↓