2021 ANNO DANTESCO – “Il Palio di Verona” contributi degli Editori de “ilcondominionews.it”

…a cura di Giovanni Rapelli

Aforismi penna

2021 ANNO DANTESCO – Ricorrenza a 700 anni dalla morte

Il Palio di Verona – (Postumo)

Dante Alighieri

È considerato da molti la gara podistica più antica e al contempo più duratura del mondo. Iniziato negli anni tra il 1207 e il 1209, fu indetto per l’ultima volta, a quanto sembra, domenica 3 maggio 1795; nella primavera del 1796 i francesi di Napoleone avevano invaso il Piemonte e la Lombardia, occupando Peschiera alla fine di maggio, e il 1° giugno erano arrivati a Verona. È probabile che il palio venisse sospeso proprio per la Campagna d’Italia di Napoleone, per la percezione che si aveva di una prossima invasione francese.

Il primissimo Palio potrebbe essere stato organizzato per festeggiare la vittoria di Azzo o Azzone VI d’Este podestà di Verona, alleato dei Sambonifacio, contro i Montecchi (29 settembre 1207); oppure per festeggiare la vittoria di Ezzelino il Monaco sullo stesso Azzo da Este, avvenuta nel 1209 presso Lonigo in un mese non specificato. La prima ipotesi sembra la più probabile; se essa risponde al vero, il Palio sarebbe nato come idea nel 1207, ma sarebbe stato effettuato materialmente l’anno dopo, considerato che inizialmente lo si volle organizzare nella prima domenica di Quaresima. Nel 2008, quindi, si poteva con un certo fondamento commemorare l’ottavo centenario della sua istituzione.

Il primo documento che stabilisca le regole del Palio è lo Statuto di Alberto Della Scala, redatto nel 1271 ma contenente molti riferimenti a consuetudini inveterate. Tra queste consuetudini possiamo includere anche il nostro Palio. È verosimile che a Verona venissero organizzate varie gare equestri già nei secoli precedenti, in pieno Medioevo; nello Statuto albertino del 1271, comunque, il Palio compare suddiviso in due tipi di corsa, di cavalli e di uomini. (Successivamente, si avranno anche corse di asini e di donne.) Non v’è l’assoluta certezza che la gara podistica venisse effettuata a partire dal ricordato periodo 1207-1209, ma ciò è ritenuto fortemente probabile.

Inizialmente, il primo premio consisteva di una pezza di panno pregiato di colore non specificato; è al tempo di Dante che compare il famoso panno verde, per cui la gara veronese divenne nota come “Il Palio del drappo verde”. Qui è necessario citare la Divina Commedia, per l’importanza che rivestono alcuni suoi versi (in Inf. XV, 121-124) riferiti al nostro Palio. Infatti, nel girone dei sodomiti Dante incontra Brunetto Latini, insigne letterato, che dopo un breve colloquio deve andarsene in fretta, come dice Dante,

Poi si rivolse, e parve di coloro
che corrono a Verona il drappo verde
per la Campagna; e parve di costoro
quelli che vince, non colui che perde.

Dante sembra voler dire che Brunetto correva velocissimo, così come facevano i concorrenti del Palio, e non appariva demoralizzato per la sua condanna, ma alquanto fiero: ecco perché Dante dice che sembrava il vincitore del Palio, e non un perdente. Sicuramente Dante assistette di persona allo svolgimento di una di queste corse. C’è un punto importante da sottolineare, in proposito: che abitualmente si scrive campagna con l’iniziale minuscola, pensando a una “campagna” generica vicina alla città, ma qui ci troviamo di fronte a un toponimo, il nome proprio di una vasta porzione di territorio a sud di Verona. Questo si estendeva da Sommacampagna a S. Giovanni Lupatoto, scendendo a sud fino a Nogarole Rocca, e una sua stretta fascia correva lungo la riva settentrionale dell’Adige; è in quest’ultima che troviamo i significativi toponimi della Campagnola (vicino al Ponte di Castelvecchio) e della Madonna di Campagna, mentre a sud dell’Adige abbiamo Sommacampagna appunto e Mezzacampagna vicino a Settimo.

Il secondo premio consisteva in una baffa, ossia una mezzena di maiale. Questo dà anche un’idea di quanto valesse il “drappo verde”…

La corsa partiva probabilmente dalla contrada di Tomba (nome dell’attuale Tombetta), entrando in città dalla Porta cosiddetta “di S. Fermo” (al Ponte Rofiolo, forse non ancora completata nel 1208) per concludersi a S. Anastasia. L’ultimo tratto prima di arrivare alla porta del Ponte Rofiolo era detto Corso non nel senso attuale del termine (poiché in quel tempo la zona fuori dalle mura cittadine era tutta erbosa, abitata solo da qualche contadino), ma con riferimento proprio alla “corsa” del Palio; in fianco a questo tratto venne costruita dopo la morte di S. Francesco una chiesetta detta “S. Francesco al Corso” da cui oggi trae nome un vicolo.

La piazzetta di arrivo, fino al 1265-1270, quando si iniziò a costruire l’attuale basilica di S. Anastasia, divideva due preesistenti chiesette, dedicate a S. Anastasia e a S. Remigio. L’attuale basilica le sostituì, eliminando anche la piazzetta. Tra le due chiesette, poco prima di giungere all’Adige v’era un cippo che costituiva la “meta”; la si doveva toccare a riprova dell’avvenuto compimento della corsa.

Fu probabilmente nella seconda metà del Trecento che la corsa venne fatta passare dalla nuova Porta di S. Sisto, aperta nelle mura scaligere all’altezza dell’attuale Piazza Simoni. Da questo momento la partenza del Palio venne spostata al borgo di S. Lucia, mentre l’arrivo restava a S. Anastasia; e il popolo diede subito alla nuova porta la denominazione di “Porta Palio”. Quando venne costruita l’attuale Porta Palio sammicheliana (anni 1542-1557), la precedente Porta di S. Sisto venne murata.

V’è a Verona una sola, rozza iscrizione che si riferisca alla popolare corsa. È ancora a malapena visibile sotto una finestra del Palazzo Carlotti in Corso Cavour n. 2, scritta con una matita color amaranto. Dice: a. di 2 m. 1710 / il giorno del palio / sono stato sargento / Giacometo di patulia / questo posto. Con essa, dunque, un sergente veneto Giacometto volle ricordare il suo servizio al Palio. La data è certamente il 2 marzo del 1710.

La popolare corsa veronese venne indetta ogni anno; fu tralasciata solo quando capitavano guerre, calamità naturali e pestilenze. L’arrivo dei francesi nel 1796, come detto, causò la fine del Palio. Successivamente, vi fu la sola riedizione della celebre corsa podistica, stavolta sul tracciato Porta Stupa – S. Anastasia: fu il 26 marzo 1816, per festeggiare l’arrivo dell’imperatore austriaco Francesco I (1768-1835). La Porta Stupa era quella del Palio; venne così chiamata dal popolo perché rimase sempre chiusa da quando Verona, nel 1630, fu colpita dalla peste.

Giovanni Rapelli

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articolo apparso in “Il Caffè” 45/5, 7 marzo 2009, pp. 3-4

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