Alocco Drigo Giulia
…a cura di Giancarlo Volpato
Per le tue domande scrivi a: giancarlovolpato@libero.it

Scienziata, professoressa universitaria, Giulia Alocco nacque a Verona il 23 maggio 1910. Era figlia di Vittorio, alpinista e scalatore, ingegnere, direttore – assieme ad altri – dei lavori della ferrovia Verona-Caprino: fu presente all’inaugurazione della stessa avvenuta il 3 agosto 1889; la madre, Laura Maria Beccherle, era figlia del celebre e valente ingegnere Giovanni Battista nonché sorella di Pio Beccherle autore – tra le molte cose realizzate – del progetto dell’Ospedale Civile di Borgo Trento quando l’allora ospedale “A. Alessandri” dedicato ai bambini malati, fu allargato in modo da diventare il maggiore luogo di cura di Verona. Liberato dall’occupazione del Genio militare e, poi, da quello delle milizie, grazie all’approvazione del progetto Beccherle, nel 1930-31, fu dato il via all’ampliamento; Pio Beccherle fu, anche, l’autore del progetto della Stazione Frigorifera Specializzata di Verona inaugurata nel 1930; a questo ingegnere, autore pure della trasformazione territoriale della zona caprinese, è dedicata la lunga strada che, da Affi, conduce a Caprino Veronese. La genetica, evidentemente, aveva avuto il giusto riconoscimento.
Il padre Vittorio Alocco, grazie ai lavori e alla conoscenza della sua bravura, fu chiamato a Padova e, quindi, i figli qui frequentarono le scuole; Giulia conseguì la maturità al Regio Liceo Ginnasio “Tito Livio” allora, probabilmente, tra i più considerati; s’iscrisse alla Facoltà di Scienze dell’ateneo patavino, seguendo il corso di Fisica; si laureò, con il massimo dei voti, il 31 ottobre del 1931, discutendo una tesi, dal titolo “Proprietà magnetiche e magnetostrittive nel nichel e nel ferro. Considerazioni teoriche e ricerche sperimentali”; presentò, inoltre, tre sottotesi orali: una su argomenti di Fisica matematica, una di mineralogia e la terza di chimica fisica. Per una donna – allora – la frequentazione di Facoltà, quasi del tutto “maschili” e l’ottenimento di risultati rilevanti, erano vittorie non indifferenti sia sul piano umano sia su quello intellettuale. Era stato relatore della sua laurea, Angelo Drigo, di tre anni maggiore e, in quell’epoca, assistente alla cattedra di Fisica Sperimentale che si era addottorato due anni prima di lei; non fu certamente casuale l’incontro fra il fisico padovano e Giulia Alocco: si sposarono il 29 maggio 1938 a Caprino Veronese. Da questa unione nasceranno quattro figli, due dei quali seguiranno le orme del padre e della madre.
La spiccata e riconosciuta bravura di lei aprì immediatamente la carriera universitaria; dopo essere stata assistente incaricata presso l’Istituto di Fisica dell’ateneo patavino, nel 1934 vinse l’idoneità al concorso per aiuto ordinario in Fisica sperimentale bandito dal medesimo.
Assai brava nella didattica, Giulia Alocco rimase in quell’Istituto sino al 1951; alternava l’insegnamento – riconosciuto da coloro che furono suoi studenti – estremamente chiaro e proficuo, con le ricerche nel campo del ferromagnetismo, allora piuttosto trascurato: studiò la proprietà di alcune sostanze suscettibili di un’elevata magnetizzazione indotta – dette, per l’appunto, ferromagnetiche – oltreché dedicarsi alle modificazioni che esse subiscono. Si occupò di problematiche legate, anche, all’anisotropia: una proprietà di un corpo che varia a seconda della direzione in cui viene considerato; da ciò consegue che le proprietà anisotrope, in un materiale, possono riguardare la rigidità o la conduttività dello stesso. Per la giovane scienziata, comunque, qualsiasi forma legata alla fisica sperimentale era importante.
Su alcuni di questi argomenti, la Alocco pubblicò dei lavori i primi dei quali furono in collaborazione con il futuro marito e, poi, con il marito. Tuttavia, più che per i suoi non numerosi scritti (dei quali daremo qualche accenno) ella fu ricordata per la capacità di legare gli studenti e gli studiosi ad argomenti non certamente facili, ma che – più tardi – apporteranno frutti notevoli di conoscenza. A metà degli anni Trenta, Giulia Alocco si avvicinò alle ricerche d’avanguardia sulle disintegrazioni nucleari prodotte dai raggi X e dai raggi gamma: come noto, saranno proprio questi raggi – opportunamente studiati – che porteranno all’uso medico degli stessi allorquando necessario: serviranno per uccidere batteri, per la sterilizzazione, per la riduzione microbica in molti prodotti (dagli alimentari ai cosmetici e numerosi altri) mentre serviranno, nella radioterapia medica, a sconfiggere tumori, a sondare alcune cellule, a offrire immagini altrimenti non visibili e molto altro. Ella studiò e insegnò l’assorbimento dei neutroni di disintegrazione, si occupò delle trasformazioni artificiali dell’uranio bombardato con neutroni: era questa la grande, straordinaria epoca nella quale gli scienziati si occupavano di radioisotopi, di energia derivante dall’irradiazione: tutto questo portò in avanti gli studi e la conseguente utilizzazione corretta di ciò che la scarsa conoscenza, fino ad allora, aveva lasciato da parte; fu il merito, in modi diversi, dei grandi scienziati dell’epoca. Anche la scuola padovana, nella quale Giulia Alocco era una brava docente, aveva avuto la fortuna di essere molto considerata e tenuta in considerazione dagli studiosi non solo italiani; l’Istituto di Fisica di quell’ateneo, oltreché di Angelo Drigo, era rappresentato soprattutto da Bruno Rossi che si occupava di raggi cosmici e della radioattività: vale la pena ricordare, purtroppo, che, con l’avvento delle leggi razziali del 1938, questi fu vergognosamente radiato dall’insegnamento universitario come accadde a molti professori di allora; ne occupò il posto – com’era corretto – lo stesso Drigo.
La Nostra scienziata, accanto alla ricerca e alla didattica, si occupava, come farà anche in futuro, delle esercitazioni di laboratorio; ne raccolse gli esiti e, assieme agli argomenti delle lezioni, pubblicò in svariati manuali: tra questi si segnala Fisica pratica: sperimentazione e calcoli nelle misure di laboratorio, scritto a quattro mani con il marito e pubblicato nel 1945; “Il Nuovo Cimento”, che era, allora, una delle riviste più accreditate e quella specifica per i lavori sulla Fisica, raccolse saggi di Giulia Alocco che si occupavano delle magnetoresistenze (tema particolarmente caro alla studiosa) e, più tardi, dei corpuscoli cosmici, della fissione nucleare, delle radiazioni nucleari e di quant’altro appariva alla sua mente, alle sue ricerche e delle quali gli studenti di quel mondo in fermento scientifico potevano godere. La medesima cosa accadde con altri periodici esclusivamente scientifici.
Pure rimanendo incorporata nell’ateneo padovano, Giulia Alocco cominciò a collaborare – almeno per tre anni, dal 1936 – con il Centro Volpi di Elettrologia; nel 1937, il conte Giuseppe Volpi di Misurata (era stato un politico rilevante prima dell’estromissione mussoliniana) aveva acquistato a Venezia il Palazzo Vendramin Calergi: nacque, qui, l’Istituto – conosciuto da tutti gli studiosi non solo italiani – che si occupava della scienza elettrica e sul cui periodico anche la Nostra scienziata pubblicò dei saggi. Grazie – ma non solo – alla vita con Angelo Drigo, con il quale condivise gli affetti e la famiglia, Giulia Alocco si occupò di molte altre problematiche allora assai innovative: i laboratori, la ricerca, l’uso dei primi contatori Geiger ad alta sensibilità portatili per la ricerca e il rilevamento del radium e moltissime altre cose.
A questo proposito, la figlia Maria Luisa ricordava che la vita di studio e ricerca dei genitori avveniva, oltre che nell’Istituto, nello scantinato di casa, dov’erano stati allestiti due laboratori, nella sala da pranzo e in qualsiasi altro luogo domestico fosse possibile: ciò accadde a Padova e, poi, a Ferrara allorquando i coniugi si trasferirono in quell’Università.
Durante il periodo della guerra, tra 1942-43, l’Alocco si occupò – sempre all’interno dell’Istituto di Fisica – degli apparati di registrazione dei sismografi che, già nel 1899, Giuseppe Vicentini aveva messo in moto per i terremoti.
Nel 1943, Angelo Drigo si trasferì all’Università di Ferrara coprendo il ruolo di docente di fisica sperimentale e di direttore dell’Istituto che detenne sino al 1976; attirò la collaborazione di Enrico Fermi e di altri famosi scienziati, fu Rettore di quell’Ateneo per ben sette anni (1965-1972) istituendo anche facoltà letterarie.
Giulia Alocco avrebbe potuto, allora, traferirsi nella città estense: ma i figli erano quattro e non ancora autosufficienti; quindi – confidando nel profondo di se stessa – preferì il ruolo di madre e di moglie senza abbandonare il lavoro; questo fu un pregio che i figli le riconobbero sempre come pure, sottolinearono, ella amava molto la letteratura nonostante tutti credessero che fosse solamente legata alle ricerche della fisica.
Quando credette opportuno che fosse arrivato il momento, ed era il 1951, rinunciò alla nomina di assistente straordinario nell’ateneo padovano per passare a quello di Ferrara. Qui ella insegnò come professore incaricato di Fisica sperimentale con esercitazioni e di Fisica generale; tenne dei corsi di Fisica terrestre, di misure elettriche e pubblicò alcuni saggi; come sempre, non mancò mai di essere parte integrante delle ricerche nell’ambito della Facoltà cui apparteneva e dove il marito era diventato professore di grande prestigio.
Il 1976-1977 fu il suo ultimo anno accademico; all’inizio di novembre 1977, Giulia Alocco dette le dimissioni; pochi mesi dopo, il 3 aprile 1978, Angelo Drigo moriva a Padova: la vedova, la madre, la nuora furono i compiti che la scienziata si assunse. La testimonianza della figlia – come sopra riferito – si concluse in questo modo: “Nostra madre aveva capito perfettamente il modo di vivere il ruolo femminile in un Novecento altamente trasformato; ha curato i suoi impegni scientifici rinunciando ad ambizioni di carriera per mantenere la dedizione alla famiglia; ha osservato e vissuto gli sviluppi della scienza e della tecnica del XX secolo come docente, come spettatrice lucida ed entusiasta”. Sappiamo, anche, che – con la modestia che le era tipica (segno di un’intelligenza ricca di umanità) – Giulia Alocco raccontava sempre la sua meraviglia e il suo felice sgomento di fronte all’immensità di tutto ciò che le si presentava di fronte; e, ultimamente, rimaneva quasi sconvolta davanti ai passi, enormi e quasi senza confine, che la scienza – cui aveva contribuito a studiare e diffondere – aveva fatto in pochi anni; ma – aggiungeva pure – “noi sappiamo ancora poco di tutto quello che potremmo sapere”.
Giulia Alocco si era stabilita a Padova dove se ne andò per sempre il 19 ottobre 2003.
Bibliografia: Clelia Pighetti, Drigo, Angelo, in Dizionario Biografico Italiani, Roma, Ist. Enc. It., vol. 41, 1992, pp. 696-698; Giuseppe Giuliani, Il Nuovo Cimento: novant’anni di fisica in Italia (1855-1944), Pavia, La goliardica pavese, 1996; Vasco Senatore Gondola, Vittorio Alocco (1872-1953) ingegnere e alpinista tra Verona e Padova, in “CAI Notiziario ai soci”, 2011, pp. 3-4; Sandra Linguerri, Giulia Alocco Drigo (1910-2003), in Dizionario biografico delle scienziate italiane (secoli XVIII-XXI), vol. 1: architette, chimiche, fisiche, dottoresse, a cura di Miriam Focaccia, pp. 153-157, Bologna, Pendragon 2012; Daniela Brunelli, Giulia Alocco tra ferromagnetismo e disintegrazioni nucleari, in Donne visibili e donne in controluce. Mondi del fare e mondi del sapere attraverso le protagoniste femminili nella Verona tra Ottocento e Novecento, a cura di D. Brunelli e Maria Luisa Ferrari, Verona, CCIA di Verona-Sommacampagna, Cierre, 2023, p. 85.
Giancarlo Volpato
