RISPOSTE AI LETTORI 20 (Espressioni dialettali)

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   Risposta ai lettori 20 (Espressioni dialettali)

Durante un incontro tra amici, è spuntato fuori il ricordo di quando a Verona e provincia si usava dare del “voi”, e mi è stato chiesto in quali occasioni si usasse questo pronome. Chi vi scrive ha ben presente questa usanza, avendo sentito molte volte nella sua giovinezza il famoso vu, veneto per «voi» (addirittura, nel 1951 — a soli 14 anni! — io stesso fui interpellato col vu da un contadino mio vicino di letto in ospedale, dove ero stato ricoverato per una caduta da una muraglia…).

Era abbastanza comune dare del voi agli estranei, ma anche ai parenti piú anziani, compresi i genitori: volío ’ndar in leto, mama? «volete andare a letto, mamma?». Graziano Cobelli, per esempio, mi rende noto che ancora nel 1973 un suo compagno di scuola, tale Luigino Gugole da S. Bortolo, parlava ai genitori sempre col “voi”. Il “lei” dava l’impressione di qualcosa di estraneo a noi, qualcosa che ci veniva imposto, ma che non ci apparteneva.

Oggi, ovviamente, nessuno piú usa il “voi”. Ma la parola veneta che indicava questo pronome sopravvive ancora, miracolosamente, ed è anzi ben vitale nel dialetto moderno: si tratta della -o finale di forme verbali quali ’sa gavío? «che cosa avete?», ’ndo ’ndasío? «dove andate?», volío móarve o no? «volete muovervi o no?». In effetti, queste voci verbali suonavano in antico gaví-vu?, ’ndasí-vu?, volí-vu? Quando usiamo queste forme, dunque, riprendiamo senza saperlo il “voi” di un tempo!

Giovanni Rapelli

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