Pubblicazione del libro – “Umberto Zerbinati 1885 – 1974”… di Quaderni di storia valeggiana… segnalazione a cura di Aldo Ridolfi… – 78

…a cura di Aldo Ridolfi

VALEGGIO S/M (VR)

Umberto Zerbinati, una vita, un canto, un segno.

Giunti a voltare l’ultima delle 105 pagine di cui si compone il n° 3 dei “Quaderni di storia valeggiana” dal titolo “Umberto Zerbinati 1885-1974 poeta e incisore valeggiano”, ci si accorge con massima soddisfazione che non è più possibile dire, parafrasando Manzoni, «Umberto Zerbinati… chi è costui?». Il dubbio, posto dalla curatrice Ornella Marchi nell’Introduzione, appare del tutto fugato. Grazie, infatti, al lavoro che le ha consentito di mettere insieme un gruppo di autori sensibili e autorevoli, ora sappiamo bene chi è Umberto Zerbinati. E se Ornella Marchi, prudentemente, osserva che questa «è solo una sintetica pubblicazione», a noi pare, invece, che quell’essenzialità a cui lei si riferisce si trasformi, pagina dopo pagina, in preciso e valido strumento per rendere onore al poeta e incisore di Valeggio sul Mincio.
Ciò avviene con il più classico, ma nel contempo più ordinato, metodo espositivo. Un nitido squarcio socio ambientale della Valeggio tra Otto e Novecento di Cesare Farinelli sfocia in brevi, essenziali ma fondanti note biografiche di Zerbinati redatte dallo stesso Farinelli e da Alessio Meuti. Subito dopo Elisa Zoppei ci introduce, con la calda partecipazione con cui è solita accostare la poesia, grande o piccola che sia, nei testi dell’artista valeggiano. Al «velato ermetismo» che Zoppei intravvede in quei versi, aggiunge, con originale accostamento lessicale, che nell’ultimo testo, quello del ’57, Riva del mondo, – ma probabilmente ciò vale per tutta la sua poesia – «ormeggiano le sue sensazioni, impressioni, ricordi, visioni». Ormeggiano! cioè stan lì, legate, assicurate alla solidità della terra, ma ondeggiano, cullate dalle onde, accarezzate dalla brezza!
Altri saggi – di Nicoli, Pachera e Marchi – contribuiscono a costruire l’atmosfera culturale che sta attorno a Zerbinati: è il momento dell’analisi di Gialloblù. Antologia di poeti veronesi, e delle riviste “Il Garda” e  “Lo Smeraldo”.
Si giunge così all’ampio e articolato saggio sulla poesia di Zerbinati di Giancarlo Volpato, «Un canto intonato sugli accordi del violino», dove dialogano tra loro poeti e cigni, stampatori e albatri. Due altri autori, artisti essi stessi, Margonari e Cirese, concludono il volumetto illustrando il lavoro di Zerbinati incisore.
Ma questa nostra freddezza espositiva, che semplicemente scorre l’indice, non rende onore al lavoro portato felicemente  a termine dalla Curatrice e dagli Autori. Bisogna cercare qualcos’altro, rovistare tra le pagine, sondare i periodi, interpretare il lessico. Non possiamo accontentarci della facciata, coscienti come siamo che un libro, ogni libro, questo ha di meraviglioso: che rimanda sempre ad altri libri, ad altre idee, ad altre suggestioni. Ed infatti i libri di Zerbinati, da Nozze del 1903 a Riva del mondo del 1957 (pensiamoci, 54 anni!) hanno prodotto, come una gemmazione primaverile, altri libri, l’ultimo dei quali è appunto questo “Quaderno”. Nel loro vivere, tutti questi libri si sono toccati e abbracciati, hanno dialogato e goduto uno dell’altro, mandando fuori gioco ogni peraltro sempre insidioso Farenhait, ché anche l’oblio è una forma di incendio. E ci piace farla questa operazione – se mai riusciamo nell’intento – prendendo lo spunto dal saggio di Volpato che indaga e insegue caparbiamente, dall’inizio alla fine, una trasversale  “corrispondenza d’amorosi sensi” presente nella vicenda biografica e spirituale di Zerbinati. E infatti, spiega Volpato, la voce dell’artista valeggiano si eleva in contrappunto costante con Baudelaire e Mardersteig, con Valéry e De Marzi, con Mallarmé e Lorenzo Montano. I suoi versi venivano ritenuti “stralunati”, aggettivo che Volpato spiega così: «perché aperti agli spazi non terresti». Ma da lassù il poeta Zerbinati doveva re-impossessarsi della dimensione terrestre. Hölderlin scriveva, con efficacissimo seppur intuitivo verso, che «poeticamente abita l’uomo la terra». E Volpato, con straordinaria metafora, riporta sulla terra la poesia di Zerbinati usando la paratestualità, l’analisi cioè di ciò che la fisicità di un libro – oggetto di analisi sono i libri di Zerbinati pubblicati con l’editore Mardersteig – è in grado di liberare. La dimensione non-terrestre della poesia può trovare accoglienza sulla terra, può “abitare” la terra, grazie alla «sovrana armonia» con cui la stampa – la fisicità assoluta – accoglie i componimenti poetici –  l’assoluta spiritualità. Il libro è la terra, il libro è il mondo pronto ad accogliere l’infinito della poesia.
In un altro senso può «poeticamente abitare l’uomo la terra». Lo può fare non solo con la poesia, ma anche con le tecniche incisorie «per generare ulteriori immagini del suo mondo poetico attraverso il medium del segno, disegno o incisione che fosse. Un altro linguaggio, altri “versi”», puntualizza Marta Ciresa. E infatti, precisa Renzo Margonari, anche «le immagini comprendono pensieri complessi e lievi, fantasie che alludono…».
Carlo Umberto Zerbinati, valeggiano: davvero ora ti conosciamo meglio e ne siamo felici.

Aldo Ridolfi

↓