Castellani Marianna

…a cura di Graziano M. CobelliPoesia

Per contattarmi scrivi a >>> gcobelli05@gmail.com
Chi è Marianna Castellani,

 
Nata a San Bonifacio (VR) il 25.11.1897 – Morta a San Bonifacio (VR) il 01.08.1990. La figura che vado a presentarvi oggi, nasce in un contesto poverissimo e la sfortuna si accanisce su di lei da subito, verso il secondo anno di vita, viene colpita da una grave forma di poliomielite e tra le tante altre vicende negative, all’età di tredici anni, perde la mamma, dei tanti fratelli solo pochi sopravvivono, lei vivrà con l’austera nonna che faceva la Comare e che morirà anziana, solo pochi anni dopo il papà di Marianna e da allora, ricamando e cucendo, si prese cura anche dei fratelli rimasti.
Spesso, con enorme fatica si arrampicava di nascosto sul tetto della casa della nonna a guardare se vedeva la mamma tra le stelle perché le avevano detto che era andata in cielo.Già da giovane, seppur con molta difficoltà, trova conforto nella scrittura ed accorgendosi di possedere una notevole dote poetica, inizia così, come fosse una terapia, il suo percorso poetico e cospicua fu la sua produzione, pubblicò diversi libri di Poesia, l’anno scorso inoltre è stato pubblicato per il 20° della scomparsa, un libro curato dai 2 compaesani Bertagnin e Storari nel quale sono raccolte un modesto numero di sue Liriche molto belle, il libro era più che altro biografico.
La sua Poesia è profonda, introspettiva, autobiografica, una Poesia che graffia il Cuore in qualsiasi modo, sia che lei parli di morte, della mamma, d’amore (da giovane aveva avuto qualche amore ma non si era mai dichiarata e soprattutto ad uno di questi, poi partito per la guerra e mai più rivisto, dedicò moltissime Poesie d’Amore), di se stessa o del sociale (che molto la stimolava e per il quale si scontrava anche con le Autorità).Marianna Castellani, era soprannominata “La poetessa del dolore”.
Casa sua (composta di 2 piccolissime ed anguste stanze dove vi si trovavano tavolo, letto e divano) in breve tempo è diventata luogo di pellegrinaggio di tantissime personalità importanti del ’900 (attori, artisti, politici, etc…, un nome per tutti tanto par fare un esempio, l’on. Gonnella) veronesi e non, appassionati della sua Poesia.
Era chiamata a recitare le sue Poesie ovunque e lei aiutata via via da molte amiche che si sono succedute in casa ad aiutarla ed accudirla, riusciva (quando non era in ospedale dove a volte vi passava lunghi periodi) ad essere sempre presente, con la sua figurina minuta ad incantare la gente che al sentirla, si commuoveva molto.Molti sono stati anche i Premi che ha ricevuto ai vari Concorsi di Poesia Nazionali o Regionali ai quali partecipava.Per finire, una curiosità, una chicca, nel Comune di Cerro Veronese dove lei spesso andava, era così tanto conosciuta ed amata, che le hanno dedicato una via quando lei era ancora in vita, caso che credo a nessuna donna in Italia sia mai successo e probabilmente nemmeno a nessun uomo, vietato anche dalla legge.
La figura di questa donna esprime così, la grande forza di volontà che ha avuto per conquistarsi un posto importante nella società, con semplicità, modestia e caparbietà.
Con chiunque lei parlasse non tralasciava mai di far capire che avrebbe voluto morire giovane per dar fine alle sue sofferenze fisiche e psicologiche e questo lo si evince anche da molte sue Poesie, ma lo faceva sempre con uno stupendo sorriso sulle labbra che invece poteva far immaginare agli interlocutori, una grandissima voglia di vivere.
Contrariamente ai suoi desideri, morì alla veneranda età di 93 anni.

 

***

Senza titolo (dedicata alla mamma)
(sabato 20 marzo 1920, ore 14)

***

Mamma, che faccio qui? Inutilmente
traggo la vita senza un caro affetto
che mi riscaldi d’una fiamma in petto
l’esausto cor, ferito atrocemente.

Tu più non torni, ormai, con la ridente
messe di fior, di cui l’aprii diletto
riadorna il mondo che a lo sguardo, abbietto
e vil, mi sembra, ormai terribilmente…

E sono sola, mamma, tu lo sai,
sola col peso de la mia sventura
che non mi lascia, che non mi lascia mai!

E t’invoco gemendo e cerco invano
nel sorriso gentil de la natura
quel dolce sogno che fuggì lontano…

***

Un bacio
(10 gennaio 1922, tessera n. 135)

***

Un bacio solo e dopo venga pure
anche la morte, sarà bene accetta;
ma un bacio de la bocca tua diletta
la preceda un istante con le pure

voci d’amor, sollievo alle sventure
de la vita terrena. Qui t’aspetta
la mia gioia suprema, e, la ricetta
come un nido la notte e l’ombre oscure.

Quanto amore ti serbo, non lo sai,
né lo conosci questo mio tormento
che il cor mi affanna e non lo lascia mai.

Dammelo un bacio e uccidimi con quello;
sarà un grido superbo il mio lamento
pur che nel fuoco, tu mi sia fratello…

***
↓