L’Alpino: “Scemo di guerra… – 24/3

…a cura di Ilario Péraro

Alpini 2

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Scemo di guerra

Racconto liberamente ispirato alla figura di don Primo Discacciati, 
cappellano militare all’Ospedaletto di Storo dal 1915 al 1918.

ERANO PARTITI DA STORO ALL’ALBA

Giovedì 21 giugno 1917

(…continuazione)

Quella era la “sua” guerra: messe in chiesa, giaculatorie su corpi sconosciuti morti da poco, confessioni di moribondi, un po’ di compagnia, due chiacchiere e ancora preghiere per i feriti in via di lenta guarigione, l’amicizia di qualche dottore, le lunghe escursioni a piedi sui monti lì intorno, i due soldi da dare ai chierichetti che avevano servito messa, le lettere alla cara zia Fanny, oppure ai fratelli Gilberto, Peppino e Franco, in guerra pure loro…
«Don Primo… don Primo, ma mi sta a sentire?»
«Sì, eh… cosa c’è, Alcide?»
«Stavo dicendole che siamo ormai arrivati alla stazione…»
«Ah, bene… ero distratto, scusami…»
«Più che distratto, niente di male eh? ma sembrava che stesse facendo un sonnellino…»
«No, avevo solo gli occhi chiusi, ma stavo pensando!»
«D’accordo, d’accordo» mormorò Ferretti per nulla convinto. «Comunque siamo in orario: se il treno non tarda, partiremo tra mezz’ora esatta! Alla sua borsa ci penso io, lei veda di trovar al più presto il graduato responsabile della stazione, così abbiamo due posti a sedere assicurati fino a Peschiera… Il viaggio non è lungo, ma se si può star comodi…»
«Va bene, va bene» rispose don Primo, che richiuse gli occhi e tornò col pensiero ai suoi feriti lasciati all’improvviso su a Storo… “Speriamo che a nessuno di loro venga in mente di morire proprio in questi giorni. Al mio rientro voglio ritrovarli tutti al loro posto o, meglio, guariti e pronti per tornare al fronte!”

I SUOI VESCOVI E CARDINALI L’HANNO MANDATO FIN QUASSU’ 
AL FORTE SAN MARCO

Non potevano immaginare quanto fosse fresco e umido, un forte militare, al suo interno. Si era a metà giugno del ’17: don Primo e Alcide Ferretti erano seduti su una vecchia panca, con la schiena appoggiata a un muro dall’intonaco scrostato e affrescato da una umidità che trasudava dal pavimento e dal soffitto.
«Comunque il colonnello poteva anche farla entrare subito, Monsignor Primo.»
Alcide, da buon aiutante da campo, s’era rifiutato a gran voce di lasciar solo il suo cappellano militare nello stanzino a fianco della garitta che vegliava sull’ingresso del forte, in cui attendevano che il comandante del San Marco finalmente si decidesse a riceverli. Aveva ventiquattro anni, Alcide, ed era sfuggito alla leva militare obbligatoria per una forte zoppia che lo faceva sembrare uno sciancato dalla culla. “Eh no, io così non ci sono mica nato” spiegava a tutti quelli che gli domandavano se la sua gamba destra fosse sempre stata in quelle condizioni. “Avreste dovuto vedere, da ragazzino, come correvo a recuperare gli uccelletti dalle reti nascoste nel roccolo tra gli alberi… Poi un bel giorno un grosso toro impazzito, che correva giù per la via centrale di Storo, ha pensato bene di farmi assaggiare la punta delle sue corna e m’ha infilzato il culo facendomi fare dieci metri di volo. Fianco in briciole, femore spaccato di netto, dottori peggio dei macellai e oggi sono ridotto così…”
«Chissà quanto lavoro avrà da fare, per mandare avanti un forte enorme come questo» sussurrò don Primo in risposta.
«Sì, un forte che non ha mai combattuto, un forte che hanno costruito solo per bellezza e per ospitarci e far riposare i soldati che tornano dal fronte, per poi rispedirli in trincea a farsi sparare e avvelenare sul Pasubio o sul Monte Baldo…»
«Abbi rispetto per i soldati che possono difendere la patria, Alcide: stanno combattendo anche per te, si stanno facendo massacrare perché tu possa startene qui seduto vicino a me, al sicuro e lontano dai fili spinati e dalle granate…»
«Ma io questa guerra non l’ho voluta, sa don Primo? A me nessuno ha chiesto il parere e, forse, non l’hanno chiesto nemmeno a lei…»
Don Discacciati sorrise e sbuffò scollando la testa: era ormai abituato al cinismo di Alcide, al suo malcelato disfattismo, ancor più pungente e disturbante viste le condizioni che avevano salvato il giovane dalla mobilitazione e dalla leva di guerra. E probabilmente dalla morte.

Ilario Péraro – (3 continua)

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