Giusti del Giardino Justo

…a cura di Giancarlo Volpato

Poesia

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Ambasciatore Justo Giusti del Giardino con la moglie Matilde Chieri

Diplomatico, nacque a Padova il 19 marzo 1908. Discendente da famiglia nobile (il padre era il conte Giovanni e la madre, Eleonora Albertini, nipote di un senatore del Regno), aveva il nonno paterno di nome Giulio, ottimo pittore entrato nel novero degli artisti veronesi.
A Verona frequentò gli studi ginnasiali e liceali; quindi, si iscrisse alla Facoltà di giurisprudenza di Padova dove si laureò nel 1929 svolgendo, poi, un breve periodo di assistentato con il grande giurista Alberto Trabucchi. Svolto il servizio militare obbligatorio, perfezionò i suoi studi nell’università di Grenoble, in Francia, poi andò alla Columbia University di New York. Quindi, decise di abbracciare la carriera diplomatica dove entrò il 1° luglio 1933.
Il primo incarico lo portò a Calcutta, in India, in qualità di vice-console e vi rimase per due anni: qui conobbe il Pandit Nehru del quale rimase amico. Ritornò, nel 1935, per partecipare alla guerra d’Etiopia dove, come ufficiale di cavalleria, guadagnò una croce di guerra al valor militare. Dopo una breve permanenza al consolato della piccola repubblica di Gibuti, fu inviato, nel 1936, quale secondo segretario d’ambasciata, a Pechino. In uno dei movimenti di rappresentanza, andò a Shanghai durante la guerra dei Boxer e incontrò Matilde Chieri, figlia di magistrati toscani, che sposò a Verona, il 24 ottobre 1938.
Qui alloggiava nella splendida villa Giusti del Giardino, di proprietà della famiglia: nella città scaligera essa era già allora un simbolo di grazia e di architettura storica d’incomparabile bellezza.
Partì subito dopo, con la nomina a console, per San Sebastián: nel 1936, la città basca era caduta sotto il controllo dei franchisti durante la guerra civile spagnola e diventò la sede delle vacanze di Francisco Franco. Qui, in un momento non del tutto facile per la diplomazia, egli rappresentò l’Italia, sino al 1942, quando fu promosso segretario della Regia Rappresentanza d’Italia per la Grecia, già occupata dalle truppe italiane e tedesche.
L’8 settembre 1943, giorno dell’armistizio, lo colse ad Atene. Giusti del Giardino si rifiutò di prestare giuramento alla Repubblica Sociale Italiana: si apriva, per lui, la strada dell’internamento. La madre Eleonora Albertini scrisse a Mussolini chiedendogli di fare ritornare l’unico figlio rimastole poiché l’altro, Carlo, era stato ucciso in guerra. L’11 febbraio 1944 Justo rientrò da Atene, arrivò in Italia e raggiunse la famiglia nella casa avita di Ca’ Erizzo di Onara, nel padovano, sui Colli Euganei. Si diede alla macchia, si unì a formazioni resistenti locali quale antifascista di orientamento azionista. Così scrisse lo stesso diplomatico nella Relazione morale della famiglia Giusti del Giardino (1 luglio 1943-30 giugno 1944), ora conservata negli Archivi delle famiglie Cittadella e Giusti del Giardino presso l’Accademia Galileiana di Padova. Viene a cadere, quindi, quanto scrisse Marchini (v. Bibliografia) per il quale il conte sarebbe riuscito a fuggire, a Vienna, dal treno che lo stava portando in Germania. Attese, in questo modo, la fine della guerra.
Nel 1945, appena terminata l’occupazione jugoslava della Zona A nella Venezia Giulia, il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi lo inviò a Trieste con il compito ufficiale di controllare gli eventi e la situazione politica; gli fu dato, pure, l’incarico ufficioso (perché non permesso dai nuovi “padroni” al comando di Tito) di sostenere i patrioti italiani che si opponevano alle mire espansionistiche degli ultimi arrivati nelle terre giuliane che erano state italiane.
Memorabili – e riconosciute da tutti – rimasero le sue trasmissioni a Radio Venezia Giulia in favore di tutti coloro che furono, poi, costretti a lasciare l’Istria e i luoghi che avevano sempre occupati, dov’erano nati e dove vivevano. Egli, proprio grazie anche alla sua genialità e alla capacità riconosciuta di abile mediatore, si conquistò la fiducia di molti italiani del luogo e ricevette pure l’applauso degli osservatori stranieri.
Il successo della missione a Trieste in un momento delicatissimo della storia di quella regione, gli valse vieppiù la stima di De Gasperi che lo volle con sé nella delegazione italiana alla conferenza di pace di Parigi nel maggio del 1946. L’apprezzamento e il riconosciuto valore della sua diplomazia trovarono un altro alleato nel Ministro degli Affari Esteri, Carlo Sforza, che lo nominò console generale nella capitale francese nel 1948. Qui vi rimase per tre anni fino al 1951; anche in questa terra il suo compito non fu facile poiché le due nazioni, l’Italia e la Francia, durante la guerra erano state schierate su due fronti opposti: ma Giusti del Giardino si conquistò, pure qui, l’apprezzamento di entrambi i paesi.
Terminato l’incarico, il diplomatico veronese venne richiamato a Roma dove gli fu affidato – altro ufficio estremamente delicato e di non facile gestione – l’incarico di Direttore generale dell’emigrazione; se si pensa alla situazione immediatamente susseguente il doloroso conflitto e il rientro forzato, di molti italiani, si può facilmente intuire quali compiti l’abbiano atteso. In quegli anni, egli pubblicò un paio di saggi proprio sull’emigrazione (I problemi internazionali dell’emigrazione, Roma 1952) dove pose il dito anche sul non sempre prevedibile riscontro dei residenti. Giusti del Giardino gestì, tra il 1951 e il 1954, l’incarico affidatogli.
Il 1° gennaio 1955 il diplomatico partì per Caracas, con le credenziali di ambasciatore, per rappresentare l’Italia in Venezuela. Egli arrivò in un periodo decisamente rilevante per quel paese; nel 1952, grazie ad un colpo di stato, era diventato presidente Marcos Pérez Jiménez che trasformò quella terra in una moderna nazione dell’America Latina, ma governando con il pugno di ferro contro qualsiasi forma di opposizione; nel gennaio del 1958, questi fu cacciato dalla sollevazione generale; Justo Giusti si trovò nel non facile né formale incarico di dovere gestire l’ambasciata in un periodo di comprensibile difficoltà.
Nel 1955, la famiglia aveva donato il proprio ricco archivio, contenente pure quello dei conti Cittadella (famiglia da cui i Giusti provenivano): perfettamente messo in ordine, esso era stato catalogato, comprese le lettere di Gabriele D’Annunzio, da Justo: oggi appare consultabile presso l’Accademia Galileiana di Padova; vi aveva, probabilmente, provveduto nel 1948 quando, a Padova, grazie alle carte di quell’archivio, si era tenuta una mostra in ricordo del centenario del 1848.
Nel marzo del 1958, il veronese ritornò a casa dove, in verità, non rimase molto anche se tra Verona e la sua villa di Guastalla Nuova, in quel di Sona, si godette alcuni mesi di relativa tranquillità. In questo luogo, che aveva tra le proprietà pure dei terreni a San Giorgio in Salici, il diplomatico trascorreva quasi tutto il suo tempo libero, tra ambasciatori e regine, tra ricevimenti e lussuose giornate con una grande servitù che ricordava le ricche corti del passato. Uomo molto gentile e rispettoso, egli fu amato da coloro che vivevano nelle proprietà di famiglia poiché, pure incardinando la figura del conte, si dimostrava assai disponibile nella vita come lo era nel suo lavoro.
Nel 1959 Justo Giusti del Giardino fu nominato ambasciatore a New Delhi dove rimase, in coincidenza con gli ultimi sei anni di vita del grande Presidente Jawaharlal Prasad Nehru (1889-1964), già da lui conosciuto a Calcutta quando questi era stato rinchiuso in carcere per ragioni politiche; a lui il veronese dedicò uno scritto: Le Pandit Jawaharlal Nehru et l’histoire de l’Inde (Ginevra 1967). Il 18 settembre 1964, di ritorno dall’India, fu nominato – sempre con il rango di ambasciatore – capo della Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Ufficio europeo delle Nazioni Unite a Ginevra; l’anno dopo ricoprì anche la veste di vice-presidente del C.E.R.N. Nel 1969, assunse l’ultimo incarico diplomatico: l’ambasciata in Giappone. Anche qui egli si distinse per la sua capacità di riportare i due paesi nel campo dell’amicizia. A Tokyo firmò pure una mostra di un grande scultore locale, Nobutaka Skihakamai.
Ritornò definitivamente dalla Terra del Sol Levante nel 1973, concludendo l’attività. Si ritirò a corte Guastalla Nuova, alternandola con lo storico palazzo della città; ma la sua presenza nel veronese fu assai alta. Già nel 1966 aveva partecipato, a Verona, ad un convegno in ricordo del centenario della battaglia di Custoza (Considerazioni di un veronese su Custoza e i cento anni successivi, in Atti del Convegno: Il quadrilatero nella storia militare, politica, economica dell’Italia risorgimentale, pp. 304-316). Dal 1974, in poi, occupò una serie di cariche che per lui, uomo di spiccata personalità e personaggio intelligente, estroso quanto immaginoso, non erano affatto di facciata: fu presidente della Società “Solferino e S. Martino”, dell’Accademia Filarmonica di Verona, consigliere della Fondazione Museo Miniscalchi-Erizzo con funzioni di presidente vicario fino all’apertura della stessa nel 1990. Nel 1985, era stato insignito, dall’Ente provinciale per il turismo, del Premio “Guido Zangrando” per avere onorato Verona nel mondo.
Molto alto fu il numero delle onorificenze delle quali poté godere.
Justo Giusti del Giardino si spense a Guastalla di Sona il 23 marzo 1991. Questo comune gli ha dedicato una via. Il Comitato civico di Onara (Padova) ha costruito per lui un sito virtuale.

Bibliografia: Jean-Baptiste Duroselle, Le conflit de Trieste: 1943-1954, Bruxelles, Institut de Sociologie de l’Université Libre de Bruxelles, 1966; [J. Giusti del Giardino], D’Annunzio a Padova in casa Giusti, “Padova e la sua provincia”, 1968, n. 11-12, pp. 22-27; Bruno Campanini, Rivoluzione a Caracas: annotazioni di un italiano sui fatti venezuelani del 1958, Roma, P.E.I., 1968; Diego De Castro, La questione di Trieste. L’azione politica e diplomatica italiana dal 1943 al 1954, Trieste, Lint, 1981; Justo Giusti del Giardino, Entro in carriera: ricordi, [Verona, a spese dell’autore, 1990?]; Giampaolo Marchini, Giusti del Giardino Justo, in Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX), a cura di G.F. Viviani, Verona 2006, pp. 430-432; Roberto Spazzali, Radio Venezia Giulia: informazione, propaganda e “intelligence” nella “guerra fredda” adriatica, Gorizia, Editrice Goriziana, 2013; Francesca Bettanin, Alla ricerca di una struttura distrutta: lacerti di archivi nobiliari padovani e veronesi (Cittadella e Giusti del Giardino) (tesi di laurea presso Università di Venezia Ca’ Foscari, Corso di Laurea Magistrale in “Storia e Gestione del patrimonio archivistico e bibliografico”, a.a. 2015-2016, rel. Prof.ssa G. Bonfiglio Dosio).

Giancarlo Volpato

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