Fiorini Alfio

…a cura di Giancarlo VolpatoPoesia

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Alfio Fiorini

Stampatore, tipografo, editore, Alfio Fiorini nacque a Poggio Rusco, nella bassa mantovana, il 20 agosto 1910. Ebbe un’infanzia difficile, passata fra il paese natale, Comacchio e ancora Poggio Rusco. Le traversie della guerra, la povertà, le difficoltà sociali lasciarono in lui tracce durature e furono quelle che lo spinsero a primeggiare in un campo difficile, ma che gli diede notevoli soddisfazioni morali. Dopo un breve apprendistato da barbiere, andò a garzone nella tipografia Salvioli del suo paese, nel 1925: fu un tirocinio talmente fruttuoso che, cinque anni più tardi, lasciò il paese natale per trasferirsi a Verona. Qui, il suo concittadino Arnoldo Mondadori (cfr. questo Sito) aveva già acquisito fama di grande editore e Fiorini fu assunto in qualità di compositore. Apprese tutte le fasi della lavorazione e della stampa del libro, imparò le tecniche ed ebbe modo di provare esperienze che lo accompagnarono per tutta la vita.
La più importante, la più proficua fu quella di lavorare a fianco di Giovanni Mardersteig (cfr. questo Sito) durante la composizione e l’impaginazione dell’“Opera omnia” di Gabriele D’Annunzio. Questo sodalizio affinò in lui – sostanzialmente autodidatta – il gusto per il libro di classe: di carta pregiata, di caratteri a stampa tradizionali e nuovi ma intonati, con legature elaborate ma non troppo, con frontespizi abbelliti, con paratesti classicheggianti. Alfio Fiorini considerò quest’esperienza lavorativa con il grande Mardersteig come la più felice e culturalmente redditizia di tutta la sua vita.
Lasciate le Officine Mondadori, nell’ottobre 1947 fondò la Linotipia Veronese assieme al cugino Pico Ghidini. La nuova azienda abbracciò subito testi universitari e scientifici, collaborò con varie case editrici alle quali fornì, per lunghi anni, la propria operatività.
Alfio Fiorini, dotato di un carattere mite, estroverso, estremamente espressivo e attento a quanto si muoveva intorno a lui, divenne lo stampatore delle attività culturali della città. Era la Verona di Gino Beltramini (cfr. questo Sito), nume tutelare della veronesità del dopoguerra: egli diventò l’editore conosciuto da tutti i cultori del territorio, assunse la stampa delle riviste più rilevanti e dei libri nei quali si parlava della storia e della cultura di quella ch’era diventata “la sua Verona”. Dalla sua officina uscirono eccellenti volumi finanziati dalle banche; introdusse – in ogni suo lavoro – una veste grafica rinnovata, nitida ed elegante.
Nel 1980 la Linotipia Verona cessava la sua attività e nascevano le Grafiche Fiorini che dettero inizio ad un rinnovamento tecnologico dell’azienda senza perdere, con questo, il gusto artigianale: anzi, rafforzandolo allorquando egli fece riemergere il primato della cultura del tipografo. Alfio Fiorini si definì come missione dello stampatore: “operatore di cultura, sempre”. Grazie alla sua naturale disponibilità e alla sua apertura nacquero – all’interno della Linotipia Veronese e, poi, nelle sue officine grafiche – collane di grande interesse. “Vita veronese”, la rivista che raccontò la storia, le tradizioni, gli umori e la cultura della Verona colta ma anche di quella mediamente attenta, fece suscitare interessi diversi: così, accanto al periodico e alla cura di Gino Beltramini, Fiorini pubblicò opere che rimasero e rimarranno nel patrimonio genetico del territorio scaligero. Accanto ad esse venne sviluppandosi, pure, una serie di edizioni meno impegnate, ma altrettanto efficaci che fecero conoscere quanto amore i veronesi portassero alla propria città e alle proprie origini. Non si può dimenticare che Alfio Fiorini fu anche un ottimo maestro: dai suoi insegnamenti uscì, tra gli altri, Renzo Sommaruga, eccellente pittore e disegnatore ma, pure, straordinario stampatore in proprio per diletto e con effetti di rara bellezza.
Il catalogo dell’officina grafica è quanto mai ampio e variegato e fu noto a tutti
Assai pochi, invece, conobbero l’estro geniale di Fiorini che si esplicò in una serie di edizioni assai curate, sovente fuori commercio dove lo stampatore mise a profitto l’insegnamento mardersteighiano, con alcune personali correzioni.
Egli riservò ad amici e conoscenti 24 “Strenne Fiorini” che uscirono tra 1962 e 1987: 250 copie numerate (di esse, leggibili al pubblico, esiste la collezione completa in Biblioteca civica di Verona); esse rappresentano un’originale e riuscita impresa editoriale dove la bellezza grafica, l’accuratezza della stampa e le illustrazioni (xilografie, acqueforti, puntesecche, acquetinte e linoleografie sempre originali) trovavano un giusto connubio con i testi che spaziavano dai classici ai moderni, dai poeti ai padri della Chiesa, dai letterati veronesi a quelli europei.
Accanto alle strenne, Fiorini riservò per sé e per i suoi affetti familiari la serie dei cinque I libri della nostra famiglia cui si aggiunse un’edizione fuori commercio.
Per tutte le sue opere, ma soprattutto per queste due ultime (strenne e libri per la famiglia) Alfio Fiorini radunò attorno a sé artisti e poeti: quasi tutti amici, che resero di straordinaria bellezza questa sua fatica. Fu un omaggio non solo al valore dei collaboratori, ma un ulteriore regalo a quella “City of book” come fu definita la Verona novecentesca per l’eccellenza, il rigore e lo splendore di alcune sue pubblicazioni a stampa.
Lasciò scritte brevi memorie gettando qualche riga, qua e là, nelle presentazioni delle strenne quasi volesse affidare a pochi le sue riflessioni.
Alfio Fiorini se ne andò, in silenzio – come aveva vissuto – l’8 agosto 1986.

Bibliografia: Pierpaolo Brugnoli, Alfio Fiorini, “Atti e Memorie dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona”, s. 6, v. 39 (1987-1988), pp. 41-49; Giancarlo Volpato, Fiorini, Alfio, in Dizionario biografico dei Veronesi (sec. XX) a cura di G. F. Viviani, Verona 2006, pp. 370-371; Giancarlo Volpato, Le edizioni private di Alfio Fiorini e la stampa d’arte nella Verona novecentesca, in Il libro al centro: percorsi fra le discipline del libro in onore di Marco Santoro, a cura di C. Reale, Napoli, Liguori, 2015, pp. 333-346.

Giancarlo Volpato

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