De Stefani Alberto

…a cura di Giancarlo Volpato

Poesia

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Alberto De Stefani

Economista, politico, professore universitario, Alberto De Stefani nacque a Verona il 6 ottobre 1879. Studiò a Venezia, poi si trasferì a Padova dove si laureò in legge con una tesi sul commercio internazionale che gli valse la pubblicazione ed una fama che si accrebbe vieppiù durante il corso della sua vita. Rifiutò di fermarsi subito all’interno dell’università preferendo la conoscenza dell’economia e delle scienze sociali viaggiando in Europa: fu in Germania, in Inghilterra e poi ritornò in Italia dedicandosi, subito, all’insegnamento nelle scuole nella zona vicentina. De Stefani si occupò sempre di economia e incominciò a scrivere sui grandi problemi della nazione (e non molto di teorie) e sulle idee degli economisti suoi contemporanei o che lo precedettero immediatamente. Nel 1914 si avvicinò alla politica, con la chiara intenzione d’intervenire nel formulare proposte e idee per il progresso. Fu chiamato in guerra e combatté, quale ufficiale, (arrivò al grado di capitano) sul fronte del Cadore.
Già da tempo, De Stefani aveva cominciato a collaborare ai giornali e, terminato il conflitto, si gettò a capofitto nella ricerca. Ne uscirono libri di sommo interesse quali, ad esempio Decadenza demografica e decadenza economica (Roma 1920) e, l’anno successivo, la Dinamica patrimoniale nell’odierna economia capitalistica (Roma-Padova 1921).
Nello stesso anno entrò nella politica militante, partecipò ai raduni del nuovo partito fascista, scrisse su il “Popolo d’Italia” e, nello stesso tempo, le sue idee, completamente nuove in campo economico, cominciarono ad avere successo. Sempre in quell’anno, fu eletto al Parlamento. Nel 1922 iniziò il suo insegnamento universitario a Ferrara, Padova, Venezia per approdare, poi, a Roma. In quell’epoca, la sua idea principale era quella di fare in modo che le inderogabili esigenze nazionali e produttivistiche non fossero sottomesse alla logica rivendicazionista.
Alla costituzione del suo primo governo, Benito Mussolini chiamò De Stefani al Ministero delle Finanze cui si aggiunse, poco dopo, quello del Tesoro. Sul suo mandato ai dicasteri economici, i grandi economisti (per primo Luigi Einaudi) formularono giudizi estremamente positivi. Egli fu l’uomo di punta dell’ala modernizzatrice della nuova classe di governo, mosso da concretezza operativa e da pragmatismo politico. Egli fu la testa di ponte tra il fascismo (del quale aveva, sempre, un concetto “alto”) e la cultura liberale. Una delle prime cose che fece, fu quella di occuparsi delle banche: salvò il Banco di Roma e rimise in piedi un’economia creditizia piuttosto incerta. Tre i punti fondamentali del suo agire: pareggio di bilancio, contenimento della dinamica salariale, accorta riapertura dei canali di credito. Fu un fortissimo sostenitore del liberismo doganale, dell’apertura all’economia: per questo si attirò le ire dei proprietari terrieri, dei grossi industriali del settore pesante. Si adirò con Mussolini per l’attentato e la morte di Matteotti.
Le sue idee cominciarono ad essere invise sia al Duce sia ai potenti italiani. Dette le dimissioni per tre volte, ma sui suoi dicasteri iniziarono a pesare anche alcune difficili situazioni economiche, indipendenti dalle sue direttive. Su pressioni violente della Confindustria, Mussolini accettò le dimissioni nel 1925: ma l’economista veronese non si ritirò dalla vita pubblica. Intanto, proprio in quel tempo, divenne preside della neonata Facoltà di Scienze Politiche di Roma. I giornali del tempo andavano a gara per averne gli articoli e De Stefani accettò ben volentieri di propagandare le sue idee e le sue visioni in campo soprattutto economico, anche se non solo. Furono, questi, gli anni nei quali pubblicò le sue opere più importanti; fondò la “Rivista italiana di scienze economiche” sulla quale scrissero, e scrivono, i maggiori studiosi; curò le opere dei classici dell’economia, fu amico di tutti i più conosciuti e celebri economisti nazionali e stranieri.
All’interno dell’ambiente politico degli anni Trenta, in cui il fascismo da movimento si andava strutturando in regime, la sua autonomia intellettuale, benché accompagnata da convinta adesione al partito dominante, fu vista con sospetto e il suo coinvolgimento in responsabilità politiche dirette non fu neppure preso in considerazione. Eppure egli era l’uomo decisamente più rilevante degli studi economico-finanziari dell’epoca: e questa sua straordinaria capacità gli sarà sempre riconosciuta anche al di là e al di fuori dell’epoca nella quale egli ebbe ad operare. Nel 1937 fu chiamato da Chiang Kai-shek per la ristrutturazione dell’apparato amministrativo e finanziario della Cina: la sua presenza nel paese orientale era stata preparata da Mussolini e da Costanzo Ciano per stringere rapporti economici stretti fra i due paesi; con l’aggravarsi del conflitto sino-giapponese, egli fu costretto a ritornare via Hong Kong (non si può scordare che, di lì a qualche anno, Italia e Giappone saranno alleati nel conflitto mondiale).
Alberto De Stefani, anche in seguito agli Atti stipulati tra il governo italiano e la Santa Sede nel 1929 (i famosi Patti Lateranensi), si adoperò molto per un’economia etica della Chiesa; si avvicinò al cattolicesimo e, in Vaticano, trovò un attento uditorio. Egli si occupò, pure, di restaurare le banche dopo il famoso crollo della borsa di New York del 1929 che gettò nel panico l’economia mondiale, anche se Mussolini ne affidò il compito a Raffaele Mattioli.
Nel campo della “bonifica integrale” italiana, fu uno dei massimi sostenitori e rappresentò l’ala dei favorevoli ad un’applicazione coatta delle prescrizioni di legge, suscitando opposizioni e resistenze nei grandi proprietari terrieri: egli credeva, fermamente, nello sviluppo purché non fosse legato a revanscismi e non fosse prono alla volontà dei ricchi e dei potenti.
Anche se occupato in grandi cose, Alberto De Stefani non dimenticò mai la sua Verona: intervenne a favore degli zuccherifici della Bassa, realizzò l’Osservatorio di economia e politica agraria (a capo del quale volle il giovane Carlo Vanzetti: v. in questo Sito), fu tra i fondatori della Banca Mutua Popolare di Verona che incorporò, grazie a lui, la Banca cattolica (1935).
Nel 1943, fu condannato a morte dalla Repubblica Sociale di Salò (nel famoso processo di Verona), ma riuscì a fuggire; nel dopoguerra fu riprocessato come fascista, ma fu completamente riabilitato e riprese l’insegnamento universitario fino alla quiescenza. Collaborò, sempre, quale notista politico-economico, ai maggiori giornali.
Della stima goduta sono indici significativi le sue nomine a socio delle Accademie più prestigiose: Accademia d’Italia (1924), Società italiana dei XL (1919), Accademia dei Georgofili (1924), Istituto veneto di scienze lettere ed arti (1919), Accademia di agricoltura, scienze e lettere di Verona (1924) e dell’omonima di Padova (1924). Era stato, anche, Accademico dei Lincei. Il fondo De Stefani, estremamente numeroso, si trova a Roma: la Banca d’Italia, presso cui è depositato, ha pubblicato quanto in esso contenuto (Banca d’Italia – Servizio Segretariato, Archivio Alberto De Stefani, 1983). Quello relativo ai rapporti con la Cina è in fase di catalogazione.
Alberto De Stefani si spense a Roma il 15 gennaio 1969. Verona lo ha completamente rimosso.

Bibliografia: molto consistente è la bibliografia sulla sua opera e sulle sue idee economiche; per cui ci limitiamo a riportare alcuni saggi importanti dove essa appare: Gianni Toniolo, L’economia dell’Italia fascista, Bari, Laterza, 1980; Franco Marcoaldi, Vent’anni di economia e politica. Le Carte De’ Stefani (1922-1941), Milano, Angeli, 1986; Franco Marcoaldi, De Stefani, Alberto, in Dizionario Biografico degli Italiani, v. 39, Roma, Ist. Enc. It., 1999, pp. 429-436; Sergio Noto, De Stefani Alberto, in Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX), a cura di G. F. Viviani, Verona 2006, pp. 300-302; Guido Samarani, Alberto De’ Stefani, Verona, la Cina, “Bollettino della Società Letteraria di Verona”, 2018, pp. 77-84.

Giancarlo Volpato

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