Mann Paul Thomas – “I Buddenbroook”

…a cura di Elisa Zoppei

Cari amici di “ilcondominionews”, nonostante l’incessante catastrofico maltempo che si abbatte in tante zone italiane e del mondo, nonostante l’incombente e asfissiante stato di crisi economica che colpisce la maggior parte delle nostre famiglie, avvertiamo con una punta di tiepida speranza che, con i primi freddi, si sta avvicinando il Natale. Si annuncia nelle strade, sulle piazze, all’interno delle case e, ci si augura, nel cuore degli uomini. Vogliamo accoglierlo anche quest’anno facendoci raccontare la magia dei Natali passati, evocanti il tepore di caminetti accesi, di canti sotto l’albero addobbato di luci e nastri argentati, di pacchi e pacchetti regalo, di ghirlande e festoni di agrifoglio e…. di tavole imbandite?
Allora ecco che a tutto questo si presta la lettura dell’intramontabile romanzo di Thomas Mann I Buddenbrook, un romanzo che regala suggestive atmosfere natalizie dentro pagine e pagine di sale illuminate, candelieri accesi, cristalli che brillano sopra lunghe tovaglie damascate, fra preziose trasparenti porcellane e pesanti posaterie d’argento. Atri tempi del c’era una volta e ora non più.

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Paul Thomas Mann, nato nella tedesca città di Lubecca il 6 giugno 1875, da una facoltosa famiglia della ricca borghesia dedita al commercio di granaglie, non si avviò alla lucrosa attività dei progenitori, ma fu alacre scrittore e acuto saggista, universalmente riconosciuto come una delle figure di maggior rilievo dellaletteratura europea del Novecento. Giovane aspirante scrittore, poco più che ventenne, disponendo di un ricco materiale sulla storia della sua famiglia (dalla madre aveva ottenuto molte informazioni comprese alcune ricette di cucina natalizia come il tradizionale Plettenpudding), si accinse a ricomporla in un affresco epocale, straordinariamente ricco di particolari. Va detto che la prima stesura del romanzo ebbe luogo nell’estate del 1897 in una piccola pensione di Palestrina (in provincia di Roma): Casa Bernardini, e crebbe «pian piano, una pagina dopol’altra» a Roma, in una pensione di via Torre Argentina, dove Thomas passò l’inverno con il fratello Heinric di qualche anno maggiore, noto autore fra l’altro del racconto Professor Unrat, tradotto nel memorabile film L’Angelo Azzurro, che consacrò Marlene Dietrich. Thomas iniziò a scrivere riempiendo i due lati di grandi fogli a righe, fumando una sigaretta dopo l’altra, con una flemma che in realtà era «eccitazione domata», partendo dalla figura del bisnonno, Johann Segmund Mann, fondatore della ditta di cereali, che si era stabilito a Lubecca nel 1794 e aveva acquistato la bella casa nella Mengstrasse e i magazzini sul fiume Trave. Il romanzo uscì nel 1901 con il titolo Buddenbrooks. Verfall eine Familie, quando Thomas Mann aveva 26 anni ed ebbe un successo strepitoso. Ne seguirono altri fra i quali Tonio Kröger (1903), Morte a Venezia (1912), La montagna incantata (1924) ma fu soprattutto per merito de I Buddenbroook. Decandenza di una famiglia, in cui sembra si sia riconosciuta l’intera borghesia europea, che nel 1929 gli fu conferito il Premio Nobel per la Letteratura. Costretto a espatriare per contrasti con il Nazismo, morì a Zurigo, il 12 agosto 1955.

I Buddenbrook

Nel romanzo vengono narrate le vicissitudine economico-sociali di una austera famiglia tedesca di Lubecca del XIX secolo, identificata in quella dell’autore, collocate in un arco temporale che va dal 1835 al 1877. Famiglia di grossi commercianti di granaglie, attraverso quattro generazioni, muta radicalmente il proprio carattere e la propria situazione sociale ed economica, alternando momenti di floridezza a momenti di dissesto, fino a giungere alla definitiva rovina.

I vari personaggi sono fissati in una galleria di ritratti che li vede, agire, parlare, soffrire, fare affari, guadagnare, arricchirsi vincere, perdere, ridursi in povertà. Accanto ai capifamiglia, rappresentanti maschili della ditta Buddenbrock, ruotano con destini diversi, madri e mogli devote, fratelli scapestrati e sorelle volubili, figli e figlie sfortunate. Ognuno caratterizzato nella sua realistica vitalità, nelle sue debolezze, nei suoi tic, nelle sue ossessioni. Dall’inizio alla fine del romanzo con sapienti pennellate che ne ravvivano la personalità, spicca la figura di Toni sorella del senatore Thomas, ultimo capostipite che dedica ogni attenzione al suo guardaroba, veste all’inglese e impiega un’ora e mezza ogni mattina alla personale toletta. Da bambina petulante e un po’ ribelle, la vediamo farsi donna dotata di una femminilità disinvolta, ma inclinata verso scelte sbagliate. È facile al pianto un pianto infantile, impetuoso, ristoratore, rifugio fedele in tutte le tempeste e naufragi della sua vita, che la rende capace di risollevarsi dai suoi fallimenti, e credere nel futuro. Nell’ultima parte del romanzo incontriamo Hanno, il piccolo figlio del senatore Thomas, un bambino delizioso, destinato a chiudere la saga della famiglia.

Il momento centrale del romanzo è occupato dalle feste natalizie del 1870 in casa Buddenbrook. Con la prima neve il gelo si fa sentire per le strade e, nell’aria limpida e tagliente, risuonano le melodie tradizionali e malinconiche dell’organetto. Dovunque si respira con il profumo degli abeti in vendita, l’odore della festa.
Nella sera della vigilia sono giunti sulla tavola il marzapane e i dolci bruni allo zenzero e cannella. La famiglia si riunisce intorno alla matriarca Betsy, incanutita e sofferente ma decisa a portare avanti la tradizione della veglia natalizia come ai vecchi tempi. Nell’ampia sala da pranzo c’è il grande abete illuminato e il tavolo con i doni. Hanno, freme nell’attesa del teatrino dei burattini tanto sognato. Dopo il canto Stille Nacth Heilige Nacht eseguito dal coro delle voci bianche, entrano tutti in fila nella sala scintillante di luci, piena del profumo dei rami di un abete risplendente di innumerevoli fiammelle, ornato di fili d’argento e grandi gigli bianchi, con un angelo sulla punta e un presepio di statuine ai piedi.

La lunga tavola apparecchiata di bianco è coperta di regali; tanti doni stanno l’uno accanto all’altro sul pavimento. Sono destinati ai domestici e ai poveri.

Alle nove si va a tavola. La cena della vigilia inizia con carpe al burro fuso e vino vecchio del Reno. Sul tovagliolo artisticamente ripiegato ognuno trova un prelibato panino al latte cosparso di semi di papavero. Hanno è felice perché siede con i grandi. Ora si cambia il piatto per l’arrivo del superbo tacchino, ripieno di purea di castagne, uva passa e mele. Si fanno confronti con quelli degli anni precedenti, e risulta che questo é di gran lunga il più grosso. Viene accompagnato da un contorno di patate arrosto, e due tipi di verdure e di composte, servite in grandi porzioni. Tutti lodano, tutti masticano tutti commentano. Si beve vino rosso di marca, invecchiato.
Quando appaiono le meringhe con il gelato – rosse, bianche e quella  marrone ripiena di gelato al cioccolato, nei bicchieri più piccoli vien versato un vino greco giallo e dolce. Per Hanno è giunta l’ora di andare a letto, gli duole lo stomaco perché  ha mangiato troppe meringhe al cioccolato, le sue preferite. Davanti ai suoi occhi continuano a scintillare le luci sparse per tutta la casa e nelle orecchie risuonano i canti delle voci chiare che hanno innalzato i cuori e fatto dimenticare per un attimo le preoccupazioni. Si addormenta pensando ai suoi doni: un teatrino un piccolo armonium, un libro di racconti. Questo è stato il più bel giorno della sua vita.
Chissà come saranno i Natali che verranno…

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