Natale 2012

… a cura di Giancarlo VolpatoPoesia

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Poesie per Natale 2012

Giancarlo-Volpato
Per questo Natale 2012, Giancarlo Volpato ha scelto 
per noi tre Poesie significative, di Madre Teresa di 
Calcutta, Boris Leonidović Pasternak e Dante Bertini.

Madre Teresa di Calcutta (al secolo Anjeza Gonxha Bojaxhiu nacque a Skopje il 26 agosto 1910 e morì a Calcutta il 5 settembre 1997; è stata la donna più famosa degli ultimi trent’anni e forse la più grande in senso assoluto: dedicò la sua vita ai diseredati, ai poveri, agli agonizzanti di Calcutta e fondò, allo scopo, la Congregazione delle Missionarie della Carità. Ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace nel 1979; è stata proclamata Beata il 19 ottobre 2003.

Non ha scritto poesie bensì riflessioni, pensieri, diari di umanità profonda. Anche questa non è una vera poesia, ma è quanto di più generoso, di più spirituale, di più umano, di più caro una persona possa dire

 

È Natale

È Natale ogni volta che sorridi
a un fratello e gli tendi una mano

È Natale ogni volta che rimani
in silenzio ad ascoltare l’altro

È Natale ogni volta che non accetti
quei principi che relegano gli oppressi
ai margini della società

È Natale ogni volta che speri
con quelli che disperano
nella povertà fisica e spirituale

È Natale ogni volta che riconosci con umiltà
i tuoi limiti e le tue debolezze

È Natale ogni volta che permetti al Signore
di rinascere per donarlo agli altri

***

Boris Leonidović Pasternak nacque a Mosca il 10 febbraio 1890 e morì a Peredelkino il 30 maggio 1960. Poeta e scrittore russo, premio Nobel per la Letteratura nel 1957, conobbe le più importanti figure della cultura russa. Fu inviso al regime che gli vietò persino di andare a ritirare in Svezia il Nobel: fu riabilitato solo nel 1988. È uscita di recente la sua Opera omnia a cura del figlio; molti lo conoscono perché autore de Il dottor Živago, pubblicato, per la prima volta al mondo, in Italia da Feltrinelli nel 1957.

Questa poesia è stata tratta dalla raccolta Sui treni mattinali che l’autore scrisse nel 1943.

La stella di Natale

Era pieno inverno.
Soffiava il vento della steppa.
E aveva freddo il neonato nella grotta
sul pendio della collina.

L’alito del bue lo riscaldava
animali domestici
stavano nella grotta,
sulla culla vagava un tepido sapore.

Scossi dalle pelli le paglie del giaciglio
e i grani di miglio,
dalle rupi guardavano
assonnati i pastori gli spazi della mezzanotte.

Lontano, la pianura sotto la neve, e il cimitero
e recinti e pietre tombali
e stanghe di carri confitte nella neve,
e sul cimitero il cielo tutto stellato.

E lì accanto, mai vista sino allora,
più modesta d’un lucignolo
alla finestrella d’un capanno,
traluceva una stella sulla strada di Betlemme.

Per quella stessa via, per le stesse contrade
degli angeli andavano, mescolati alla folla.
L’incorporeità li rendeva invisibili,
ma a ogni passo lasciavano l’impronta d’un piede.

Una folla di popolo si accalcava presso la rupe.
Albeggiava. Apparivano i tronchi dei cedri.
E a loro: “Chi siete?” domandò Maria.
Noi, stirpe di pastori e inviati del cielo,
siamo venuti a cantare le lodi a voi due”.
“Non si può, tutti insieme. Aspettate alla soglia”.

Nella foschia di cenere, che precede il mattino,
battevano i piedi mulattieri e allevatori.
Gli appiedati imprecavano contro quelli a cavallo;
e accanto al tronco cavo dell’abbeverata
mugliavano i cammelli, scalciavano gli asini.

Albeggiava. Dalla volta celeste l’alba spazzava,
come granelli di cenere, le ultime stelle.
E dell’innumerevole folla solo i Magi
Maria lasciò entrare nell’apertura rocciosa.

Egli dormiva, splendente, in una mangiatoia di quercia,
come un raggio di luna dentro un albero cavo.
Invece di calde pelli di pecora,
le labbra d’un asino e le nari d’un bue.

I Magi, nell’ombra, in quel buio di stalla,
sussurravano, trovando a stento le parole.
A un tratto qualcuno, nell’oscurità,
con una mano scostò un poco a sinistra
dalla mangiatoia uno dei Magi;
e quello si voltò: dalla soglia, come in visita,
alla Vergine guardava la stella di Natale.

 ***

Dante Bertini nacque a Roverbella (Mn) il 17 luglio 1878 e poco dopo la sua famiglia si trasferì a Ca’ degli Oppi di Oppeano (VR) dove i genitori insegnavano nella scuola elementare. Frequentò per un poco l’Accademia “Cignaroli”, ma poi la lasciò; andò a scuola da Angelo Dall’Oca Bianca e si affermò come pittore, ma coltivò sempre la poesia in dialetto. Sfollato a S. Maurizio di Oppoglio (Novara), morì nel luglio 1944.

Riportiamo solo l’ultima parte della poesia Il Natale (Canzon in ponta de scùria)

Eviva, eviva! Sona le campane!
Nostro Signor l’è nato senza tònega
d’inverno e in de ‘na stala.
E l’era lu el paron de valanzane
de scaldaleto e “mònega”.
E lu se portarà la croce in spala
inasiando la scala
che tuti ne compagna in paradiso
in dove che se canta e che se bala
in dove che nessun diventa griso,
in dove se se sfrégola le mane.
E bei e magna… e dai, su le campane.

Giancarlo Volpato

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