Terron Carlo

…a cura di Giancarlo Volpato

Poesia

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Carlo Terron

Medico psichiatra, drammaturgo, Carlo Terron nacque a Verona l’11 aprile 1910. Figlio di Antonio, commerciante e di Pia Perina, egli passerà la sua vita convivendo con la sorella minore Maria Teresa. Manifestò, sin dall’adolescenza, una netta inclinazione al teatro e alla critica teatrale e, proprio per questo, iniziò prestissimo a collaborare con “L’Arena”. A 14 anni vinse i “Littoriali della Gioventù” con un saggio critico sul melodramma italiano ed uno sull’utilizzazione del vernacolo nel teatro. Dopo avere frequentato il Liceo scientifico, s’iscrisse a medicina, presso l’ateneo di Padova, dove si laureò nel 1933 cominciando a frequentare l’ospedale psichiatrico di Verona e si specializzò, tre anni dopo, proprio sulle malattie mentali. Lavorò sotto la direzione di Ruggero Lambranzi, il mitico primario del manicomio di San Giacomo ed esplicò la sua passione per la psichiatria biologica pubblicando, già nel 1937, Il ricambio idrico nell’epilessia che fu un’opera importante per lo studio di quella patologia.
Ufficiale medico durante la seconda guerra mondiale in Albania, pose le basi per erigere il reparto psichiatrico presso l’ospedale di Tirana. Fatto prigioniero dai tedeschi, durante il tragitto in Germania riuscì a fuggire nei pressi di Trieste ed arrivò a Verona: qui una bomba distrusse la sua casa per cui si spostò, con la famiglia, presso l’ospedale psichiatrico.
Dopo la morte del padre, avvenuta nel 1944, Carlo Terron si trasferì, nel 1945, a Milano con la madre e la sorella. Qui maturò la sua decisione: lasciò l’ospedale, ma non la medicina consacrandosi soprattutto al suo amore primigenio. Cominciò a collaborare con “Il Tempo”, poi con “Il Corriere della sera” e con molti giornali specializzati occupandosi di critica teatrale, di prosa e di spettacolo; le sue firme entrarono nel mensile “La lettura” e, poi, in tempi molto rapidi, sul “Corriere lombardo”, “Sipario: mensile di teatro” e “Il dramma”.
Nel 1949, vinse il suo primo premio – tra i molti che conseguirà – con la commedia Giuditta: egli aveva partecipato al concorso nazionale “Riccione”. Già dal 1927 aveva pubblicato opere teatrali, radiotrasmesse e diventate conosciute. Dopo la guerra egli era già un autore noto soprattutto per le collaborazioni radiofoniche.
Assisté, da protagonista, alla nascita e all’affermazione della televisione italiana; fu lui ad essere mandato nelle capitali europee, dove questa già funzionava, per capirne meglio le possibilità. Nel 1954 divenne direttore del settore prosa e musica rimanendovi finché quel settore non emigrò a Roma. Assunse, quindi, la direzione del settore spettacolo. Dalla città lombarda, dov’egli viveva con la moglie, la madre e la sorella, Carlo Terron girò l’Europa intera come esperto teatrale. Fu commissario in vari premi e, fra questi, in quello dedicato al nome del grande veronese Renato Simoni.
Le sue pubblicazioni avevano un buon successo. Bisogna ricordare che egli ebbe l’onore di vedere rappresentata la sua opera Il diamante del profeta, del 1947 e, forse, il suo lavoro migliore, dalla compagnia di Peppino De Filippo. Alla sua città natale dedicò sempre attenzione tanto che, con Ubaldo Parenzo, regista televisivo d’origine veronese, aveva fondato il Piccolo Teatro di Verona. Alla radiotelevisione italiana aggiunse, oltre la sua innata perspicacia allo spettacolo, tutta la sua perizia di organizzatore e coordinatore; condusse, anche, una fortunata trasmissione televisiva del mattino.
Dal 1955 al 1977 fu il critico teatrale e degli spettacoli per il giornale “La Notte”.
Nel 1960, scrittore ormai affermato, si aggiudicò il premio assegnato dall’Istituto del dramma italiano, con la commedia Lavinia tra i dannati. Nel 1961 uscì, per l’editore Cappelli, il primo volume delle sue opere con il titolo Teatro.
Diresse, per un biennio, il teatro di Palazzo Durini a Milano, rinnovandone il repertorio, riorganizzando le rappresentazioni e inserendo molte novità italiane e straniere delle nuove generazioni di autori.
Era ad Ankara, in Turchia, nel 1968, quale inviato di un giornale per recensire l’Enrico IV di Pirandello, quando ebbe le prime gravi avvisaglie della malattia cardiaca. Nel 1971, Cappelli pubblicò il secondo volume delle sue opere e, un anno dopo, Terron subì un’operazione al cuore in Svizzera, a Losanna, che lo salvò. Nel frattempo, aveva lasciato anche la medicina.
Durante tutta la sua vita, Carlo Terron non si dedicò soltanto a scrivere opere proprie; tradusse, rielaborò, rimise a posto, per la drammatizzazione, autori importanti quali Tolstoj, Balzac, Ionesco, Giraudoux, Mérimée, Strindberg ed altri.
Tutti i più grandi attori italiani ed anche stranieri, si cimentarono con le sue commedie, con i suoi drammi sui palcoscenici della penisola e fuori di essa. I suoi lavori vanno dalla “vaudeville”, alla maniera di Feydeau, per capirci, alla commedia vera e propria, alla caustica satira dei comportamenti.  Dappertutto – e gli derivò dalla sua formazione di psichiatra dedito allo studio della mente e delle reazioni neurologiche – i suoi personaggi sono presentati ed osservati con intento psicanalitico. La critica letteraria fu molto attenta alla sua produzione e i palcoscenici stranieri, quello parigino in particolare, gli riservarono assai favorevoli accoglienze. Contrasse amicizie con quasi tutti gli interpreti delle sue opere. Esse furono, assai sovente, permeate da quell’“illuminismo ironico” che gli valse il grande favore del pubblico quando era particolarmente viva la sensibilità di quest’ultimo nei confronti della sua scanzonata denuncia dei costumi borghesi del dopoguerra, osservati con l’occhio che la sua specializzazione medica gli suggeriva.
Scrisse molto e Cappelli fece uscire un terzo volume dei suoi lavori teatrali. Il suo vero, grande, ultimo successo fu Nerone. Nel 1990 egli pubblicò le sue ultime commedie, Gli alieni (Tre commedie corsare).
Le sue opere assommano a oltre sessanta.
La malattia al cuore, che lo tormentò per anni, lo condusse alla morte a Milano, il 16 luglio 1991.
A suo nome, la vedova eresse una fondazione che si occupò di fare conoscere le opere dello scrittore e la promozione del teatro: la “Fondazione Teatro italiano Carlo Terron”. Dopo la sua scomparsa, le sue opere non godettero più della fortuna precedente anche se non sono state del tutto dimenticate. Nel decennale del suo addio alla vita, vi fu un ritorno interessante in alcuni teatri italiani. A suo nome vi è un concorso nazionale di teatro, a partire dal 2017.
Roma gli ha dedicato una via.

Bibliografia: durante la sua vita furono molti gli scritti su di lui e sulla sua opera, massimamente nei giornali. Ci limitiamo a qualche opera critica: Gildo Moro, Il teatro di Carlo Terron, Bologna Pàtron, 1976; L’universo creativo di Carlo Terron, a cura della rivista Sipario e della Fondazione “Carlo Terron”, Milano 1994; Carlo Terron, il gusto dell’ironia, a cura di Silvia Persi, Urbino, Quattro Venti, 1995; Monografico Carlo Terron, “Sipario: mensile di teatro…”, 5, 1996, n. 570, pp. 1-52; Ubaldo Parenzo, Il Piccolo Teatro di Verona dal Circolo ai ‘giorni del Cappello’ (1947-1951), Verona, Della Scala, 2003; Luciano Bonuzzi, Terron Carlo, in Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX), a cura di G. F. Viviani, Verona 2006, pp. 802-803.

Giancarlo Volpato

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