Meneghetti Egidio

…a cura di Giancarlo Volpato

Poesia

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Egidio Meneghetti

Scienziato, farmacologo di fama internazionale, professore, importante uomo antifascista e del Partito d’Azione, poeta, Egidio Meneghetti nacque a Verona il 14 novembre 1892 da Umberto, medico direttore dell’ospedale psichiatrico.
Qui, egli rimase per oltre vent’anni; il padre si era occupato anche della pellagra, ma fu accanto ai malati del manicomio che il giovane Egidio – oltreché la straordinaria ammirazione per l’opera di chi dirigeva l’ospedale e il ricordo del nonno, medico condotto assai vicino ai sofferenti – formò le future scelte, orientò la propria personale visione del mondo e influenzò la sensibilità poetica ch’egli portò sempre con sé. La dolente umanità di San Giacomo consacrò un’attenzione verso il mondo dei sofferenti, delle persone scarsamente considerate nella scala sociale.
Certamente anche per tutto questo, ancora in giovane età, egli sposò la causa socialista battendosi – sempre per tutta la sua vita – per la libertà morale e politica, nel segno della dignità umana. Durante la frequenza alla facoltà di medicina a Padova, si arruolò volontario nella prima guerra. Conseguita la laurea, nel 1916, ritornò al fronte sul Carso e sugli altipiani di Asiago (VI) come medico nel 70° corpo di fanteria e poi negli alpini. Ferito, non volle fermarsi: fu insignito di quattro medaglie al valore militare (delle quali, una d’argento e una di bronzo). Fece l’assistente a Padova, poi seguì dei corsi di perfezionamento in farmacologia ed igiene a Gottinga e all’Istituto L. Pasteur di Parigi. Conseguì la libera docenza nel 1922 e nel 1926 andò a insegnare, per un anno, presso l’ateneo di Camerino (MC); poi, passò a quello di Palermo dove rimase cinque anni. Era sfuggito alla polizia fascista che lo aveva bandito da Padova (dov’egli aveva tentato di ritornare) collaborando con Ernesto Rossi e Gaetano Salvemini.
L’impronta della sua permanenza nella città siciliana rimase indelebile sia per il valore delle sue lezioni sia per la nuova applicazione dei metodi chimico-fisici nell’indagine farmacologica per ottenere dati qualitativi ottimali. Si occupò dell’azione dei metalli sui globuli rossi e sulla tossicità dei composti organici e inorganici dell’arsenico e dell’antimonio tri-e pentavalente. Amico di premi Nobel, fu da questi contattato soprattutto sulle proprietà della materia allo stato colloidale e sulla loro azione farmacologica. Meneghetti diede, altresì, importanti contributi alla chemioterapia delle malattie infettive (massimamente sulfamidici, antibiotici, antivirali) e provò nuove molecole che aprirono la strada a studi fondamentali. Caposcuola d’indiscusso prestigio, non ebbe né della farmacologia né della medicina una concezione riduttivamente specialistica, ma si occupò – soprattutto – del rapporto intercorrente fra biologia e vita sociale, fra medicina e cultura: a questi problemi dedicò vari saggi, poi raccolti in Biologia rivoluzionaria dove parlava dell’alimentazione, dell’etica professionale, della musicoterapia e di altri problemi assai poco considerati, in quel tempo. Venne richiamato a Padova nel 1932, diresse l’istituto di farmacologia dell’ateneo, fondò riviste sulle terapie, diventò membro della Commissione per la riforma universitaria. La sua attività di studioso dette alle stampe opere ritenute imprescindibili per gli studi sui farmaci.
Nel 1943 aderì al partito d’Azione e fu nominato prorettore da Concetto Marchesi, il grande latinista, emblema dell’antifascismo padovano. Partecipò alla costituzione del Comitato di liberazione nazionale (CNL): dopo la forzata fuga di Marchesi, perseguito, e la morte di Silvio Trentin, Meneghetti rimase solo a guidare la lotta armata della resistenza. Il 16 dicembre del 1943, il bombardamento su Padova gli uccise la moglie e l’unica figlia. Da quel momento, pure continuando l’insegnamento, egli dedicò i suoi giorni alla Resistenza: fu una delle figure di riferimento delle azioni in tutto il Veneto e a lui, tutti gli antifascisti e chi si riconosceva a favore della lotta ai tedeschi invasori, facevano riferimento.
Scrisse molto, per tutti i combattenti, sui valori della lotta contro l’ingiustizia e la mancanza di libertà; ebrei, prigionieri politici, alleati furono messi in salvo da lui e il suo istituto di farmacologia divenne, anche, il luogo sicuro. Nel 1944 si diede alla macchia fino a quando, nel gennaio 1945, fu tradito, picchiato, torturato e messo su un treno per essere deportato nei campi di concentramento: ma un’improvvisa interruzione sulla linea ferroviaria, appena oltre Bolzano nel cui lager era stato portato, lo salvò. Ritornò a Padova, divenne il presidente del Veneto del CLN ma lo lasciò quasi subito perché, il 1° agosto 1945, fu eletto Rettore dell’Università. Furono due anni – poi si dimise – di lavoro intenso su tutti i fronti: sulla ricostituzione dell’Italia, sulla formazione del concetto di libertà, sulla ristrutturazione universitaria, sugli studi farmacologici. Poi diresse, per oltre dieci anni, il centro di studi sulla chemioterapia, ma non se ne andò dall’ateneo senza avere costituito la facoltà di agraria, da lui fortemente voluta in vista di una rinascita italiana. Per la sua instancabile e altruistica passione, egli fu ricordato come il “Rettore della Liberazione”.
Aderì al Movimento federalista europeo con Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, suo vecchio compagno di lotte antifasciste. Fu insignito di riconoscimenti internazionali, fu cooptato in molti movimenti sulla liberazione dei popoli, divenne consigliere socialista di Padova per una decina di anni. Presiedette la Società italiana di farmacologia, fu membro del Consiglio superiore della pubblica istruzione, fu chiamato nella “Société européenne de culture”, promosse l’Istituto veneto per la storia della Resistenza e fece erigere alle donne partigiane un monumento a Venezia (poi distrutto da fautori di marca neo-fascista nel 1961). Divenne un membro di prestigio dell’Accademia dei Lincei e delle più importanti Accademie italiane e straniere; lo aveva voluto pure quella di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona sin dal 1944.
Finalmente, acquietatesi le tensioni politiche (per il cui buon funzionamento, nell’etica del comportamento, egli si batté sempre), dedicò un po’ del tempo – abbinando le costanti ricerche farmacologiche e l’insegnamento – alla poesia in dialetto veronese. Una parlata mai dimenticata ch’egli aveva appreso in casa e nei contatti umani al centro di una terra ch’egli amò con intensità e profondo rispetto. Qui dette voce alla sua passione resistenziale (Partigiana nuda; Lager; Bortolo e l’ebreeta), al mai dismesso impegno civile (A mila a mila, La fresa raspa) e alla sua inconsolabile solitudine (De sera: le poesie più struggenti, più calorose, più care). A Rita Rosani (v. questo Sito) caduta sul Monte Comun dedicò una lunga, dolcissima e dolorosa composizione. Pubblicò le sue raccolte poetiche tra 1951 e 1954, mentre l’anno dopo uscì la sua opera migliore, quella più conosciuta, Cante in piassa. Egli, per la produzione in versi, usò lo pseudonimo di Antenore Foresta. Quasi tutte le sue poesie e numerosi scritti politici si possono leggere in Poesie e prose: l’opera civile di Egidio Meneghetti, a cura di Enrico Opocher e Diego Valeri, Vicenza, Pozza, 1963. Egidio Meneghetti morì a Padova il 4 marzo 1961. Verona gli dedicò una via (anche Legnago e Mirano) e una scuola media; l’Università della città gli ha intitolata la Biblioteca centrale delle facoltà scientifiche. Un suo busto, accanto a quello di Cesare Battisti, si trova nella “Basilica” d’accesso all’aula magna nel Palazzo del Bo (Università di Padova); il suo ritratto, lì conservato, è opera di Giuseppe Santomaso.

Bibliografia: Sugli studi farmacologici (oltre 140) la letteratura è molto ampia, così come per il suo operato nell’ateneo patavino tra i verbali dell’università e così dicasi per il suo apporto alla lotta per la Resistenza rientrato in tutti i libri di storia. Riportiamo, quindi, alcune opere rintracciabili su di lui: Silvio Guarnieri, Ritratti critici di contemporanei: Egidio Meneghetti, “Belfagor”, 16, 1961, n. 3, pp. 316-332; Renato Santi, Egidio Meneghetti, “Annuario dell’Università di Padova”, 1962-63, pp. 1-21; Berto Perotti, Egidio Meneghetti nel lager di Bolzano, “Il Ponte”, 19, 1963, n. 4, pp. 488-504; Lanfranco Zancan, Egidio Meneghetti e la Resistenza nel Veneto, Vicenza, N. Pozza, 1965; Gian Paolo Marchi, Scienza, politica e poesia in Egidio Meneghetti,  Verona, Università degli Studi, 2001; Chiara Saonara, Egidio Meneghetti scienziato e patriota combattente per la libertà, Padova, Istituto Veneto per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea-Cleup, 2003 (ristampato nel 2009: Sommacampagna, Cierre-Padova, Centro Studi Luccini); Luciano Bonuzzi, Meneghetti Egidio, in Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX),a cura di G.F. Viviani, Verona 2006, pp. 544-545; Chiara Saonara,  Meneghetti Egidio, in Dizionario biografico degli Italiani, v. 73, Roma Ist. Encicl. Italiana, 2009, pp. 453-456; Gianni A. Cisotto, Silvio Trentin, Fermo Solari, Egidio Meneghetti e il Partito d’Azione Veneto, “Archivio Veneto”, 143, 2012, n. 4, pp. 166-174.

Giancarlo Volpato

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