Pighi Giovanni Battista

… a cura di Giancarlo Volpato

Poesia

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Giovanni Battista Pighi

Letterato, classicista, poeta, nacque a Verona il 1° maggio 1898 da una famiglia d’illustri origini culturali, ma segnata dal punto di vista economico dalle guerre dell’ultimo Risorgimento in area veneta. Il padre, Bartolomeo, era direttore delle costruzioni delle Poste e Telegrafi e la madre, Euterpe Pollettini, era una delle prime maestre veronesi di ruolo. I genitori, pure essendo atei e anticlericali, accettarono di battezzare il piccolo Giovanni Battista per fare piacere alla nonna paterna.
Ragazzo dotato di una forte intelligenza e di una molteplice vastità d’interessi culturali, dopo il Liceo “S. Maffei”, s’iscrisse alla Facoltà di Lettere e Filosofia a Padova; chiese ed ottenne d’andare in guerra dove, come ufficiale, combatté sulla Bainsizza e sul Grappa guadagnandosi due medaglie d’argento. Si laureò con un grande studioso come Ambrogio Ballini, amico personale di Rabindranath Tagore, dal quale apprese anche il primo sentimento religioso: da allora il Pighi sarà un cattolico, di larghe vedute e assai aperto alle idee e al dialogo, ma inflessibile. Insegnò per alcuni anni al Liceo “G. Cotta” di Legnago, poi fu chiamato quale assistente dello stesso Ballini presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; nel 1929 sposò Giuseppina Marcorini, pianista, ed ebbe un’unica figlia, Laura, che diverrà, più tardi, docente d’italiano presso un’università olandese.
Visse con disagio gli anni alla Cattolica (1929-1942) sia per la situazione politica fascista sia per i preparativi per la guerra: egli si sentì disancorato e se ne stette in disparte manifestando in questo modo il suo dissenso; sinché fu chiamato alla prestigiosa cattedra di latino presso l’ateneo bolognese dove rimase sino al 1968, anno che concluse la sua carriera.
Musicista provetto, straordinario conoscitore dell’antichità classica, amante del teatro, dotato di formidabile intraprendenza organizzativa, fu Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia nella città felsinea dal 1950 al 1962 e poi, per sei anni, ricoprì la carica di pro-rettore dell’ateneo. Fu un periodo di grande impegno per il bene dell’Università e dei suoi studenti: alle sue idee si devono l’insegnamento del teatro, la nascita di un teatro sperimentale nell’ateneo e, più tardi, la facoltà di Discipline delle Arti Musica Spettacolo (DAMS). Furono anni difficili, di duro lavoro, nel clima arroventato della crisi dell’università italiana e della società: segnarono profondamente la pur forte resistenza del professore e celebrato studioso.
Suoi grandi amici e sodali, sia per gli studi sia per la multiforme attività culturale, furono le menti più prestigiose della classicità alle quali Giovanni Battista Pighi si legò con uno spirito di amicizia profondo; creò i concerti all’università di Bologna, scrisse copioni teatrali per gli studenti, venne pubblicando opere fondamentali sulla metrica latina, sulla religione romana, sulla musica antica e medioevale. Compose il Rudens resartus (1951), una commedia in versi latini con parti musicali che gli valse la medaglia d’oro dell’Accademia Heofftmiana di Amsterdam (una specie di premio “Nobel” del latino). Non dimenticò mai la Verona dei suoi studi, della sua vita giovanile e si legò saldamente con Aldo Pasoli, Giovanni Doro, Gino Beltramini (v. questo Sito), Mario Maimeri, Gianni Faè (v. questo Sito) e tutta la “compagnia” che si riconosceva in “Vita veronese”.
Gli anni della contestazione giovanile e delle fiere rivolte universitarie lo trovarono impreparato, lontano, comprensibilmente addolorato e se ne andò come un naufrago verso i lidi più familiari: così con la sua Bibbia, Virgilio e Dante (la trilogia da cui non si staccò mai), riapprodò stabilmente a Verona e fece un poco i conti della sua vita: 694 titoli in 53 anni di carriera, la direzione di due prestigiose riviste internazionali di latino (per le quali era universalmente conosciuto), libri fondamentali per gli studi della lingua e della letteratura romana e dell’antichità (la sua grammatica per le scuole, redatta con Adolfo Gandiglio, rimase mitica per tutti gli studenti), opere sulla didattica, la sua presenza in congressi, in premi di poesia, le composizioni musicali, la sua vena artistica riconosciuta, una forte carica emotiva in ogni espressione della vita. Ottenne riconoscimenti da molte università europee che gli conferirono lauree “honoris causa”, presiedette
Accademie e ne fu membro effettivo di almeno cinque (tra queste, Istituto lombardo si scienze, lettere ed arti di Milano, Accademia nazionale di Modena) oltre a quella di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona che lo volle sin dal 1928 e della quale fu assessore nel quadriennio 1968-1971. Egli è passato alla storia, non solo veronese, quale maestro di grande levatura.
Fu un uomo geniale, indagatore agguerrito della filologia classica, perfetto studioso degli antichi dialetti italici, profondo conoscitore della eterogenea e complicata religione romana, oltreché straordinario divulgatore delle sue conoscenze. Dedicò studi fondamentali a Giovanni Pascoli, Aleardo Aleardi, Sant’Ambrogio, Vittorio Betteloni e fu lo studioso più grande di Catullo cui consacrò una serie imponente di opere curandone le edizioni; ai poeti veronesi riservò un’attenzione quale prima nessuno aveva avuto e li ristudiò, pubblicandone – spesso con edizione critica – le opere. Egli stesso si cimentò – con esiti magistrali – nell’uso del dialetto della sua terra, studiandolo e utilizzandolo.
A Verona visse quasi sempre al Casal, sulle prime colline della Valsquaranto in quel di Montorio Veronese e riconquistò un equilibrio culturale diverso: scrisse e pubblicò poesie in dialetto, studiò la veronesità nel senso più ampio dando alle stampe sicuri interventi scientifici, si occupò della minoranza “cimbra”, partecipò – con i ritrovati amici della “congrega” di “Vita veronese” – alle più importanti manifestazioni, mise a profitto la sua vena musicale e artistica.
Tutte le sue composizioni poetiche in dialetto veronese sono state pubblicate a cura della figlia: Versi e poesie veronesi, a cura di Laura Schram Pighi, Verona, Zerotre-Studio 7, 2013.
La morte lo colse, improvvisamente, il 7 maggio 1978 dopo che, proprio nella mattinata di quel giorno, l’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere l’aveva onorato per i suoi ottant’anni. Volle essere sepolto ad Avesa di Verona, ma poi le sue spoglie furono portate, per essere onorate, al pantheon “Ingenio claris”. Nel 1965, assieme a Giovanni Mardersteig, gli era stato insignito il premio “San Zeno: Grata beneficii memoria” allora alla seconda edizione. Verona gli ha dedicato una via, così come Negrar. Il “Fondo Pighi”, donato dalla vedova, si trova in Biblioteca civica di Verona e, dal 2006, altri documenti dello studioso si trovano nell’Accademia veronese.

Bibliografia: Elio Pasoli, Bibliografia degli scritti di G. B. Pighi, in G. B. Pighi, Studi di ritmica e metrica, Torino, Bottega d’Erasmo, 1970; Ricordo di Giovanni Battista Pighi: 1898-1978: tre discorsi commemorativi in occasione del 1° anniversario: 7 maggio 1978-7 maggio 1979, Verona, Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere, 1979; Alfredo Ghiselli, Giovanni Battista Pighi, “Atti dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna. Classe di Scienze morali. Rendiconti”, 67, 1978-1979, pp. 114-127; Gabriele Banterle, Giovanni Battista Pighi, “Atti e Memorie dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona”, 155, 1978-1979, pp. 7-19; Gian Paolo Marchi, In onore di San Zeno: iscrizioni dediche medaglie, Verona, Comitato per le celebrazioni in onore di San Zeno, 2000; Giovanni Battista Pighi: centesimo post diem natalem anno (1898-1978): orationes, ediderunt Gualtharius Calboli et Ioannes Paulus Marchi, Bologna, Pàtron, 2001; Giuseppe Franco Viviani, Pighi Giovanni Battista, in Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX), a cura di G. F. Viviani, Verona 2006, pp. 650-653; Giancarlo Volpato, Libri d’arte per anniversari… di carta: Giovanni Battista Pighi, Giovanni Mardersteig, Gino Beltramini e la cartiera Fedrigoni, in Tra libri, lettere e biblioteche. Saggi in memoria di Benedetto Aschero, a cura di Piero Scapecchi e Giancarlo Volpato, Milano, Bibliografica, 2007, pp. 235-254; Laura Schram Pighi, Nello studio di mio padre, Gian Paolo Marchi, Il dialetto veronese di Pighi tra ricerca filosofica e ispirazione poetica, Giuseppe Brugnoli, Pighi nel quadro della letteratura dialettale veronese del Novecento, in G.B. Pighi, Versi e prose veronesi, a cura di Laura Schram Pighi, Verona, 2013, rispettivamente pp. XV-XVIII, pp. I-VII, pp. IX-XIII.

Giancarlo Volpato

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