Arnim Elisabeth von – “Un incantevole aprile”

…a cura di Elisa Zoppei

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In questo periodo, ancora così duro da affrontare, pieno di apprensione, di interrogativi e incertezze sento il bisogno di proporvi la lettura del romanzo “Un Incantevole Aprile” (Bollati Boringhieri), una bellissima storia ambientata sulla costiera genovese degli anni Venti del nostro ‘900. Un romanzo avvincente irresistibile, scritto con mano leggera, sorridente e ironica, che ha anche il merito di portare in auge le bellezze ambientali turistiche italiane come pochi. È stato anche tradotto nell’omonimo bellissimo film.

Elisabeth von Arnim

Elizabeth von Arnim è stata definita, su Repubblica, (31/01/2012) da Natalia Aspesi, col suo solito vivace spirito di indomita novantenne, la “ Signora audace del ‘900”. E lo scrittore Herbert George Wells (1866 -1943), famoso in tutto il mondo per i suoi romanzi di fantascienza (L’uomo invisibile– La macchina del tempo ecc…) nella sua autobiografia, la rappresentò come “la donna più intelligente della sua epoca”. Tutto ciò mi rende molto lieta, perché descrive la sensazione giusta che si ha leggendo i romanzi (ne scrisse più di 20, tutti pubblicati in Italia dall’Ed. Bollati Boringhieri) di Mary Annette Beauchamp, vero nome di Elisabeth von Armin, scrittrice effervescente e prolifica, la quale, a causa dei divieti maritali, per pubblicare i suoi romanzi, oltre che spumeggianti anche arguti e ironicamente “audaci” appunto, dovette adottare diversificati pseudonimi. Il più usato fu Elisabeth, nome della sua mamma, morta quando lei era solo una bambina di 8 anni.
Le ricche note biografiche sparse in numerose pagine internet, la presentano in una vita movimentata, sempre al centro dell’attenzione dei salotti culturali più esclusivi degli anni Venti, per la sua bellezza e il fascino femminile, nonché all’apice della gloria per la sua fama di scrittrice, molto apprezzata e ben pagata.
Era nata nel 1866 a Sidney in Australia da una facoltosa famiglia della borghesia coloniale inglese, ma i genitori, vollero presto trasferirsi in Inghilterra per dare ai figli una educazione confacente al loro ceto sociale. Perciò lo studio del pianoforte presso la prestigiosa scuola del Royal College of Music, la occupò per parecchi anni a partire dall’infanzia, fino a diventare prima dei vent’anni una applaudita concertista. Inoltre altra cosa importante per i suoi genitori era trovarle un marito fra i rampolli delle famiglie più altolocate della loro cerchia. Ed è proprio durante un tour europeo, organizzato a tal fine, che nel 1891 Mary Annette conobbe a Roma il futuro marito, il conte tedesco August von Arnim. Si sposarono con tutti gli onori e gli splendori e la coppia, dopo una prima breve sosta a Berlino, si stabilì a Nassenheide, nella antica residenza di famiglia von Armin in Pomerania, oggi Rzedziny Polonia, dove, a imperitura memoria, le è stata dedicata una bellissima statua, che la ritrae in tutta la sua grazia femminile. La contessa rimase accanto al marito per 18 anni, allevando cinque figli: quattro bambine e un maschio, che per qualche periodo ebbero come precettori dei giovani talenti che poi divennero figure di primo piano del mondo letterario britannico, come Edward Forster (1879-1970) e Hugh Walpole (1884- 1941).
Nel suo primo romanzo Il giardino di Elisabeth (1899), l’autrice racconta velatamente la storia infelice di questo suo matrimonio con un marito autoritario e collerico e il suo amore per le bellezze della natura che le colmano il cuore di dolcezza. Fu un immediato successo, seguito da  “Un’estate sola” (1899) “Il circolo delle ingrate” (1902), due romanzi che la avviarono verso quella luminosa carriera, che negli anni Venti e Trenta, la resero padrona incontrastata della scena letteraria europea, con altri diciassette romanzi di successo, incentrati principalmente sulla condizione della donna in una società che stentava ancora a riconoscere la parità dei diritti. Fra tutti spicca luminosamente “Un incantevole aprile” del 1922. Traeva molto guadagno dalle vendite dei suoi libri, cosa che rendeva difficili i suoi rapporti con il coniuge di turno in quanto si sa che a quei tempi le donne sposate non potevano disporre del denaro guadagnato in proprio, perché tutti i loro averi appartenevano per legge ai mariti.
Perciò non fu felice né con il primo, conte squattrinato che morì nel 1910 lasciandola vedova, né con il secondo, il duca Francis Russell, (fratello maggiore del noto filosofo pacifista Bertrand), che sposò nel 1916, cadendo, per così dire, dalla padella nella brace. Infatti il duca non le perdonò mai di aver ottenuto la separazione dei beni, privandolo del potere di gestire liberamente il suo denaro, sminuendo la sua attività di scrittrice profumatamente pagata e sbeffeggiandola pubblicamente come una donnicciola ridicola e di poco conto. Umiliata e amareggiata lo lasciò a testa alta e firmò, con una scrittura leggera, sintetica e ricca di umorismo, un aperto atto di accusa verso i soprusi del marito, nel romanzo “Vera” (1921) una indagine nei labirinti del potere, amore e violenza e che gli uomini esercitano sulle donne, mostrando loro la strada per farsi valere e rispettare.
Bella, elegante, piena di brio e capace come pochi di avvalersi dell’arte di scrivere, per donare il piacere di leggere, questa donna visse tante vite, di qua e di là in giro per il mondo, eleggendo a propria patria ogni luogo dove si fermava e facendosi amare da innumerevoli schiere di lettori. Quando compì 70 anni scrisse nel suo diario: «Adesso sono davvero una donna anziana, e non devo dimenticarlo. Ci si abitua talmente ad essere giovani che si finisce per credere che sarà per sempre. Mi devo ricordare che non è così e mi aiuteranno gli specchi».
Elizabeth von Arnim trascorse gli ultimi anni della sua vita in Europa, fra la Svizzera e la Costa Azzurra e, allo scoppio della seconda guerra mondiale nel 1939, si trasferì definitivamente negli Stati Uniti dove si spense all’età di 75 anni.
Io le auguro con tutto il mio cuore che non sia mai riuscita a invecchiare.

Un incantevole Aprile

Siamo nel pieno fulgore degli anni Venti e in una grigio pomeriggio londinese, nella sede di un club rispettabile si incontrano due giovani donne, ambedue sposate senza figli, ambedue sull’orlo di una irreversibile crisi matrimoniale. In una parola si sentono infelici, insoddisfatte e sole, ma non sanno ancora fino a quale punto. Ed ecco apparire tra le pagine del Times, quasi per un segno del destino l’annuncio “Per gli amanti del glicine e del sole. Piccolo castello medioevale affittasi ammobiliato sulle coste del Mediterraneo, per il mese di aprile. Servitù inclusa”. Mrs Wilkins, moglie di un avvocato teso esclusivamente alla carriera, lo vede per prima e nonostante la sua timidezza, titubanza e insicurezza, se ne sente subito attratta, come se aspettasse quel cenno dalla vita per salpare verso nuovi lidi, dove ricucire i suoi sogni interrotti da un tran tran mortificante. Purtroppo però sa bene di non potersi permettere una tale lusso da ricchi perché lei è povera: il suo personale gruzzoletto ammonta ad appena 90 sterline, frutto di risparmi sulle spese di casa tirate all’osso su ordine del parsimonioso marito. Ma non le manca la fantasia e la voglia di tentare la sorte. Ed è così che da una Mrs Wilkins timida, frustrata, incapace di tenere una conversazione salottiera, emerge Lotty, che con insospettata intraprendenza aggancia la donna seduta in fondo al tavolo: Mrs Arbuthnot. Con un viso da madonna, ella è la moglie di una scrittore affermato e affianca il parroco nelle mansioni catechistiche per bambini e soprattutto nel portare aiuto ai poveri. Non si sono mai parlate, ma oggi Lotty vede che anche gli occhi di Mrs Arbuthnot sono illuminati dalla visione dei colori del glicine, del cielo e del mare Mediterraneo. Nasce fra loro una complice intesa, favorita dal reciproco desiderio di regalarsi l’occasione di uscire dalla ragnatela di una esistenza atrofica e provare l’ebbrezza di un volo in un ignoto che sarà sicuramente meraviglioso. A loro si uniscono Mrs Fisher, un’anziana signora tutta compressa nella rigida etichetta della morale vittoriana. Piena di sussiego fa del suo bastone uno scettro di comando ed esige deferente rispetto. Poi c’è Lady Caroline, giovane e ricchissima ereditiera, di una bellezza così unica e rara da incantare tutti. È alla ricerca di requie, lontano dalla vita mondana, via dalle stanze dorate della sua principesca magione, e dagli innumerevoli spasimanti che le tolgono il respiro. Non vuole altro che rifugiarsi nella solitudine di un eremo, dove, sconosciuta a tutti, potersi rilassare.
Le quattro donne non si sono mai frequentate, si conoscono a malapena, ma desiderano tutte lasciarsi alle spalle la grigia e piovosa Inghilterra una vita piuttosto insulsa, per godersi un mese di vacanza in Italia.
Ed eccole ora, giorno dopo giorno, immerse nel calore della primavera italiana e nella bellezza antica e austera di un castello/albergo da sogno, dove ciascuna trova un suo angolo, per godere il miracoloso fiorire della natura e per ritrovarsi dentro germogli inaspettati di ottimismo, di fiducia, di voglia di riprendere in mano la propria vita e andare incontro alla felicità. Quella voglia di felicità che avevano soffocato e che ora bussa insistente alla porta del loro cuore. Avvolte nei profumi dei glicini e dei narcisi, delle rose e dei gelsomini, accarezzate dall’aria gentile della sera, passeggiando al lume della luna che inargenta il placido mare laggiù, piano piano si aprono l’una all’altra: Lotty emana una naturale spontanea, fresca energia d’amore che contagia tutti. Mrs Arbuthnot, ora solo Rose, ne viene trascinata e vuole con tutta se stessa recuperare il suo matrimonio, riavere l’amore di suo marito dopo anni di indifferenza, più crudele di ogni altra offesa. Anche Mrs Fisher impara ad apprezzare le altre e a farsi voler bene, lasciando da parte il suo bastone, e perfino l’algida Lady Caroline, ora solo Scrap, getta le armi dell’alterigia e sperimenta la gioia della semplice accettazione del mondo che le gira intorno. Ognuna delle signore, a turno viene presentata all’autrice nella sua trasformazione interiore, con un tatto da acuta psicologa: le vediamo riprendere il colorito roseo della giovinezza, aprirsi all’amicizia, riscoprire il desiderio di amare, ritrovare la voglia di rimettersi in marcia e ricominciare a vivere meglio sia da sole che in due. Il finale atteso per più di duecento pagine porta alla ribalta altri personaggi importanti, talmente importanti da cambiare qualsiasi disegno che le stesse protagoniste abbiano immaginato.
Il romanzo pubblicato quasi cento anni fa, considerato uno dei più bei romanzi dell’autrice, mette in luce, come davanti a uno specchio reale, sia pure ornato da una elegante cornice in legno du bois, sapientemente azzurrata, la condizione delle donne dei primi decenni del secolo scorso, che furono testimoni e protagoniste delle prime battaglie femminili per ottenere il riconoscimento del diritto alla parità con gli uomini. La scrittrice è particolarmente sensibile a queste tematiche perché ha sofferto sulla propria pelle il peso delle ingiustizie subite all’interno del focolare domestico.
Le storie raccontate sono tratteggiate con una scrittura limpida, acuta e intelligente che rende piacevole la lettura, mentre l’attenzione posta ai piccoli dettagli della quotidianità suscita nel lettore non pochi spunti di riflessione.
Viene da domandarsi: – Può l’incanto di una primavera italiana risollevare l’animo? –
Pare proprio di sì, e sicuramente la lettura del libro ci trasporta in un luogo meraviglioso, un San Salvatore Ligure che varrebbe la pena di visitare e di godere anche solo per una settimana. Chi vuole venire?
Buona lettura

Vs Elisa

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