Massalongo Abramo

…a cura di Giancarlo Volpato

Poesia

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Abramo Massalongo

Abramo Bartolomeo Massalongo, ultimo dei cinque figli di Bortolo e Teresa Milani, nacque a Tregnago (VR) il 13 maggio 1824. Due anni dopo la famiglia si spostò a Verona, in Via Paradiso, per consentire ai figli di studiare alternando la loro residenza tra la città e il paese natale. Abramo completò gli studi superiori e poi avrebbe desiderato iscriversi alla Facoltà di medicina a Padova: ma la salute malferma e, forse le pressioni del padre, mediatore d’affari e ricco possidente, gli fecero seguire la Facoltà Politico Legale potendo stare a casa durante i primi due anni e laureandosi, a pieni voti, dottore in legge.
Al terzo anno si trasferì a Padova, ospitato dal professor Roberto De Visiani, illustre naturalista, direttore dell’Orto botanico: qui, seguendo le sue inclinazioni naturali e certamente sotto l’insegnamento del celebre accademico, trovò la sua strada. Ritornato a Verona, sposò Marietta Colognato nel 1850: egli aveva 26 anni ed ella 20: era sua nipote, poiché figlia della sorella Luigia che era andata sposa al medico Giovanni Colognato. Da lei ebbe tre figli: Caro Benigno (1852-1928), scienziato botanico, professore all’Università di Ferrara, Orseolo (1854-1901) ingegnere ed entomologo, Roberto (1856-1919), medico insigne e fondatore dell’Ospedale civile di Borgo Trento (VR) e due figlie che morirono in tenera età.
Abramo era di salute cagionevole, ma di eccelse qualità intellettuali. Venne descritto come “alto e snello ma gracile, un po’ chino nella persona, di colorito pallido ma pronto ad incalorirsi per la scienza, fronte spianata, aperta, occhio arguto, inquieto, bocca pronta ad un sorriso facile, ammorzato da un velo di tristezza, rapido e facile nella favella, negli atti, nel comportamento, gioviale, simpatico e piacevole”. Fu professore di Storia civile e naturale al Liceo-Ginnasio di Verona; ma la sua passione – nella quale dette frutti di fama internazionale – fu la ricerca sul campo: trascorreva la maggior parte del suo tempo “armato di microscopio a logorarsi gli occhi e il cervello”. Alla sera, frequentemente, andava al caffé Coraini sotto i portici di Via San Sebastiano con la compagnia dell’“Ibis” di naturalisti e scienziati veronesi (tale società fu la più importante tra quelle che coltivavano la scienza come valore e come dono dell’intelletto): qui, essendo molto affabile come persona, divenne amico delle menti più insigni dell’ambiente veronese e tra questi un giovane sacerdote, Don Francesco Oliboni, suo collega d’insegnamento, che fu tra i primi missionari con San Daniele Comboni e morì giovanissimo di malaria nell’alto Nilo: Oliboni e Comboni – vi è una lettera molto significativa – di notte uscivano nella savana africana a raccogliere i licheni per Abramo Massalongo. Nell’eletta schiera di studiosi, egli era, come tutti, antiaustriaco e fervido patriota per un’Italia unita.
I suoi interessi scientifici erano di vasto raggio: dividendo la sua vita tra Verona e Tregnago, soprattutto nella Lessinia faceva le sue rilevazioni sul campo; divenne il più famoso lichenologo del suo tempo, scrisse di scienze naturali (dalla geologia nella quale lasciò segni importanti, alla paleontologia vegetale della quale fu uno dei massimi scienziati europei dell’epoca). Diceva di sé: “Voglio ridonare all’Italia il primato delle scienze naturali e pregiarlo di una corona a pezza più gloriosa di quella che le possono procurare cento vittorie”; ma, poi, sfinito dall’incessante lavoro e dall’incuria che pose alla sua salute – della quale nonostante i continui suggerimenti non si curò molto – piangeva angosciato, rendendosi conto della sua fine non lontana: “Ma ormai non c’è più tempo”. Credente fervido, aiutò i giovani dell’Istituto Don Mazza, prestò gratuitamente la sua persona per qualunque cosa fosse necessario.
Dette alle stampe 89 pubblicazioni di altissimo livello e nei pochi anni della sua vita conquistò e consolidò una vasta fama europea (scriveva, oltreché in italiano, direttamente in tedesco, conosceva perfettamente il francese, sapeva discretamente l’inglese). Piano piano il suo fisico fu minato dalla tisi, forse anche dalla spondilite tubercolare e grandi furono le sue sofferenze, delle quali, però si lamentava assai poco: indirizzò i suoi bambini – quand’egli non poteva muoversi – a raccogliere piante particolari, licheni, fossili che poi sottoponeva al proprio studio. La sua casa diventò un museo, conosciuto dagli studiosi: straordinaria fu la corrispondenza che intrattenne con scienziati di ogni parte dell’Europa e che in buona parte giace presso la Biblioteca civica di Verona mentre quello che rimase delle sue raccolte naturalistiche trovò spazio presso il Museo di Storia Naturale di Verona (Prospetto delle collezioni di storia naturale del prof. dr. Abramo Massalongo di Verona, Verona, Museo, 1860) che fu poi alimentato dai ritrovamenti e dal museo personale di Caro Benigno. La sua biblioteca, grazie al figlio Roberto, andò ad accrescere, in parte quella dell’ospedale, oltreché quella del Museo di Storia Naturale. Paleofitologo, lichenologo, naturalista e botanico a tutto tondo (si occupò anche della paleobotanica di Bolca, pubblicò studi sulla sua valle, quella di Illasi), Abramo Massalongo poté godere, per primo in Italia, della fotografia per illustrare le sue scoperte: da ricordare, sotto questo aspetto, per l’eccezionale novità che rappresentò per l’epoca, il Saggio fotografico di alcuni animali e piante fossili dell’Agro Veronese (Verona 1859) che si avvalse anche di Moritz Lotze (1809-1890), allora la massima autorità veronese del settore, per le 64 stampe fotografiche su carta illustranti reperti fossili, del marchese Ottavio di Canossa (1819-1905) quale promotore e finanziatore e di Edoardo De Betta (1822-1896) scienziato e forte sostenitore. Tutte le sue opere delle quali è stata redatta bibliografia (da leggersi nei due libri citati in Bibliografia) trovarono collocazione nelle biblioteche europee oltreché nelle librerie private dei singoli scienziati.
Tra le sue opere – tutte scientificamente più che apprezzabili – vale la pena ricordare, almeno, lo Schizzo geognostico sulla valle del Progno o torrente d’Illasi, con un saggio sopra la flora primordiale del monte Bolca (Verona 1850), la Flora de’ terreni terziarii di Novale nel Vicentino (Torino 1856), un Prospetto della flora terziaria europea (Padova 1851) dove, alle già conosciute 1124 specie, ne aggiungeva 49 e ai 294 generi noti ne aggiungeva 5. Ovunque, gli studiosi apprezzarono il metodo, le accurate descrizioni e la perizia nel confrontare le piante fossili rinvenute con quelle viventi. Si occupò pure dei calcari di monte Spilecco a Bolca apportando significativi risultati. In Alcuni generi di Licheni nuovamente limitati e descritti (Verona 1855), il tregnaghese descrisse 138 generi accompagnati da suoi disegni, tavole originali ad acquerello o tempera, oggi raccolti nel Museo di storia naturale veronese.  Le opere che gli dettero grande fama e molta attenzione in Europa furono un Conspectus florae tertiariae orbis primaevi (Padova 1852), una Synopsis Palmarum fossilium (Verona 1852), Sapindacearum fossilium monographia (Verona 1852 e alcune collaborazioni con De Visiani il quale, dapprima come maestro, lo volle poi come amico. Come si può arguire, anche dalle date delle pubblicazioni, il tregnaghese aveva una capacità straordinaria, e non comune, di applicazione scientifica: che gli venne naturale durante tutto il breve percorso della vita. Uno degli studi più accurati e universalmente ritenuto eccellente fu la Synopsis florae fossilis Senogalliensis (Verona 1858) e, sul medesimo tema, quello uscito l’anno successivo a Imola: opere illustrate da 45 tavole da lui stesso disegnate, con nuove specie attribuite della flora fossile e della geologia stratigrafica della zona di Senigallia.
Massalongo non trascurò temi zoologici, in particolare i rettili, e quelli paleontologici. Molte sue opere da lui scritte in italiano (ma pubblicava anche in tedesco o in francese) conobbero immediate traduzioni per le novità scientifiche e per i rapporti ch’egli intratteneva con studiosi europei. Non va dimenticato, da ultimo, che, nonostante la sua fama avesse largamente varcato i confini, egli era molto umile e assai attento a ciò che accadeva nella sua Verona e a ciò che producevano amici, conoscenti o anche sconosciuti che si fossero cimentati nella ricerca e nello studio. A nessuno lesinò la sua consulenza che, invece, aiutò molti ad applicarsi.
Tutto questo è dimostrato pure dalla corrispondenza nella quale si trovano grandi studiosi come persone perfettamente ignote che a lui si erano rivolte e alle quali egli aveva risposto.
Poco prima della sua morte, papà Bortolo aveva fatto intestare a sé e ad Abramo tutti i suoi averi che passarono, poi, ai figli piccoli del grande scienziato di cui Marietta divenne tutrice e lo stesso nonno cotutore: tutto questo provocò malumori e screzi all’interno della famiglia Massalongo, però la ferrea tempra di Marietta Colognato traghettò con difficoltà, ma con serena perspicacia, i suoi figlioli i quali – nella memoria paterna – videro in lei l’àncora più potente che la vita aveva loro riservato.
Conosciutissimo all’estero, lo studioso fu socio e membro di molti importanti corpi scientifici, tra cui l’Accademia dei XL, l’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, l’Accademia delle Scienze di Torino, l’Accademia di Berlino, l’Accademia Leopoldina di Praga, l’Accademia di Scienze Lettere e Arti di Verona che lo commemorò subito dopo la dipartita e in molte altre occasioni
Abramo Massalongo si spense, a Verona, il 25 maggio 1860: aveva appena compiuto 36 anni.
Tregnago gli ha dedicato la piazza principale del paese, Verona una via come pure Padova. Un suo busto in marmo con epigrafe, opera di Grazioso Spazzi del 1860, è ubicato nel cortile interno di Palazzo Erbisti, sede dell’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere.

Bibliografia: Su di lui (oltreché sulla famiglia) e sulla sua opera, la bibliografia è vastissima. Ci limitiamo, quindi, ad alcuni studi relativamente recenti: I Massalongo: una grande famiglia per la crescita culturale e civile di Verona. Atti del Convegno di studio, Verona 21 maggio 2004, Verona, Biblioteca civica-Museo di Storia naturale-Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere, 2008; Maurizia Alippi Cappelletti, Massalongo, Abramo Bartolomeo, in Dizionario Biografico degli Italiani, 71, Roma, Ist. Enc. It., 2008, pp. 697-699; Abramo Massalongo (1824-1860): scienziato e patriota per un’Italia unita. Atti del Convegno di studio, Tregnago 27 novembre 2010, Verona, Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere-Provincia di Verona-Comune di Tregnago, 2011; Giancarlo Volpato, Una lettera di don Francesco Oliboni ad Abramo Massalongo, “Atti e Memorie dell’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona”, 186, 2012-2014, pp. 421-440; Giancarlo Volpato, La “prima” fotografia al servizio della scienza. Abramo B. Massalongo e Moritz Lotze pionieri di un’innovativa proposta editoriale, “Bibliologia”, Roma, 12, 2017, pp. 281-290; Ettore Curi, Abramo Massalongo, in I busti dell’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere, a cura di Chiara Contri e Camilla Bertani, Verona, Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere, 2019, pp. 34-37.

Giancarlo Volpato

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