10 – DI TASSA IN TASSA: “La tassa sul macinato in Lessinia”

…a cura di Aldo Ridolfi

Poesia

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Paesaggio dell’altopiano lessinico nella zona di Velo Veronese. I profili arrotondati documentano antichi terreni zappativi e arativi a loro volta testimonianza di una reale coltivazione di cereali e di granoturco anche a quote elevate.
DI TASSA IN TASSA: “La tassa sul macinato in Lessinia”

Decima puntata: Il caso di Corradi Giuseppe di Arcangelo

Ma la storia è ancora lunga. I mugnai non cessano di reclamare diritti che essi ritengono di avere, nonostante l’amministrazione fiscale fosse di parere diverso. E il 30 gennaio 1876 compare, ancora una volta nel municipio di Velo Veronese, un mugnaio. È probabile che tra neve e ghiaccio in questi mesi si macinasse ben poco in quei luoghi e dunque ciò, forse, liberava del tempo per seguire vicende burocratiche immagino invise a quei montanari avvezzi a confrontarsi da soli con le difficoltà poste dalla sopravvivenza in luoghi tanto difficili.
A comparire in municipio, questa volta «dietro invito», è il mugnaio Corradi Giuseppe di Arcangelo. Il sindaco ha il compito di comunicargli che ha ricevuto una nota dall’Ufficio delle Imposte dirette e Catasto di Tregnago con la quale si chiede al mugnaio di «mantenere quanto ha asserito nel suo ricorso a dilazione di pagamento e spese di perizie». Evidentemente c’è un pregresso che il documento ci lascia solo intuire, pregresso che vede il Corradi inadempiente e comunque già oggetto di clemenza da parte del fisco che, in precedenza, gli aveva concesso una dilazione. Ora sembra giunto il momento della resa dei conti. All’ingiunzione dell’Ufficio Imposte trasmessa attraverso la figura del sindaco, Corradi Giuseppe dichiara quanto segue: «Sarei pronto e disposto ad eseguire i restanti pagamenti… se non che in causa che mi fu aumentato di molto il pagamento delle tasse della macinazione ho dovuto desistere col primo dell’anno corrente totalmente dall’esercizio di macinazione e perciò ora mi trovo privo affatto d’ogni mezzo onde poter pagare, restando così in uno stato di assoluta insolvenza, e nella miseria».
Possiamo certo immaginare che in Corradi Giuseppe ci sia della malafede: la tentazione di non pagare le tasse è vecchia quanto il mondo e tuttavia la lettura di documenti coevi e di relazioni sullo stato delle popolazioni e i dati sull’incipiente, massiccio esodo verso l’estero di masse contadine non certo vacanziere ma mosse da impellenti ragioni di sopravvivenza e di speranza parlano chiaro sulla “tassabilità” di queste fasce di popolazione contadina: tra il 1866 e il 1900 dal Veneto se ne vanno oltre 3 milioni di persone! Quanto dice di sé Corradi Giuseppe, «restando così nella miseria», pare proprio la fotografia oggettiva della situazione e non lacrime di coccodrillo per intenerire l’amministrazione fiscale.
E tuttavia Corradi lascia aperto uno spiraglio: «Se dietro nuovi accertamenti mi sarà ribassato l’ammontare della quota, e potrò quindi riprendere la macinazione, allora potrò soddisfare ratealmente questo mio debito».
E anche qui possiamo leggere lo spiraglio lasciato aperto da Giuseppe Corradi come strumentale: tirare la corda il più possibile ed ottenere dalla Regia Agenzia ulteriori dilazioni; ma è anche possibile un’altra interpretazione, che io preferisco, e cioè che l’attaccamento alla propria storia alle proprie radici vale ben un ulteriore tentativo di resistere nei luoghi dei padri con le poche, spuntate armi a disposizione e nonostante l’accanirsi dell’amministrazione.
Il verbale è sottoscritto dal mugnaio e dal sindaco. Un’alleanza, stando alla lettera e, mi pare, anche allo spirito del documento, giustificata dalla conoscenza delle reali condizioni di vita. Per contadini e mugnai della montagna – ma nella bassa le cose non andavano meglio – altri punti di riferimento nell’amministrazione, oltre al loro sindaco, non v’erano. L’amministrazione statale era lontana, lontanissima, irraggiungibile, mentre il municipio, con la sua fisica vicinanza, rappresentava la possibilità di interloquire con il potere. Ma, al di là di queste disquisizioni, ciò che allora non poteva essere ignorato era il rischio di terrorizzanti carestie, per evitare le quali, le “Superiorità” altro strumento non individuavano se non quello di aumentare i prezzi – a ciò portava la famigerata tassa – di insostituibili derrate alimentari, come il pane, la polenta e perfino le castagne!

Aldo Ridolfi (10 continua)

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