Brontë Emily Jane – “Cime tempestose”

…a cura di Elisa Zoppei

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Amici carissimi, in questo mese di luglio 2018. mi corre l’obbligo di portare alla vostra attenzione uno dei romanzi più famosi di tutta la letteratura mondiale Cime tempestose (Wuthering Heights), pubblicato in Inghilterra nel 1847, da Ellis Bell, pseudonimo di Emily Jane Brontë, nata a Thornton nello Yorkshire il 30 luglio 1818, morta appena trentenne a Haworth, il 19 dicembre 1848. Fu il suo unico romanzo, ma la eternò come la più celebre delle tre sorelle Brontë e la narratrice più incisiva ed emozionante di ogni tempo.
Ha dell’incredibile, ma la rilettura di questo romanzo, tradotto in innumerevoli film, a partire dal primo, uscito nel 1939 con il titolo “La voce nella tempesta”, per la regia di William Wyler e interpretato dagli allora giovanissimi Merle Oberon e Laurence Olivier, mi ha davvero soggiogata per l’incanto portentoso della potenza narrativa. Scritto in una esaltata, e non di meno esaltante prosa poetica, potremo definirlo un incomparabile domestico poema epico.
Era tanto tempo che non mi accadeva di immergermi in una storia così vitalizzante da sentirla a pelle, da travolgermi i sensi, il cuore e l’anima. Un rigurgito di giovinezza? Forse. Ma mi conforta, fra i tanti, il giudizio dello scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa autore de Il gattopardo e fine conoscitore della letteratura inglese, secondo il quale Cime tempestose è “…un miracolo letterario … un romanzo come non ne son mai stati scritti prima, come non saranno mai più scritti dopo”. Per lui “Il romanzo romantico, con Cime tempestose, ha raggiunto il proprio zenith”. («Il miracolo Brontë» in www.fazieditore.it)

Emily Jane Brontë ritratta dal fratello Patrik Branwell. (1817- 1848)

Note biografiche.

Per  la stesura di queste note, oltre che dai vari siti online, ho tratto informazioni da  testimonianze di Charlotte Brontë, confidate alla cara amica Elizabeth Gaskell (1810-1865) divenuta poi sua biografa ufficiale (La vita di Charlotte Brontë, 1857)

Emily crebbe in una famiglia numerosa, quinta figlia di un pastore protestante di origine irlandese, Patrick Brontë, povero curato di campagna, ma culturalmente aperto e patriota. Infatti mutò il suo vero cognome Brunty in quello di Brontë, quando l’ammiraglio Horatio Nelson nel 1798 fu nominato duca di Bronte, paese siciliano, in provincia di Catania, da Ferdinando di Borbone re delle due Sicilie, per ricompensarlo di averlo più volte salvato dalla furia rivoluzionaria napoleonica. Sembra un cognome profetico, in quanto brontë in greco significa “tuono” e Charlotte, nata nel 1816, Emily nel 1818 e Anne nel 1820, lo hanno fatto tuonare davvero fra lampi di luce nel mondo intero. La madre, Maria Branwell, di buona famiglia metodista, morì precocemente nel 1821, lasciando la cura della casa e dei suoi piccoli nelle mani della sorella Elizabeth Branwell. Oltre a due bambine di appena 7 e 6 anni, che seguirono quasi subito la madre, c’erano Charlotte che aveva 5 anni, Patrik 4, Emily 3 e Anne, l’ultima, solo 20 mesi. Zia Elizabeth, donna di severi principi. ma buona e generosa, esercitò un ruolo provvidenziale nella vita della famiglia. Infatti le tre bambine più grandi e la stessa Emily erano state mandate in una scuola per figli di ecclesiastici poveri, dove per quasi due anni patirono le pene dell’inferno: freddo, fame, tirannie e disagi di ogni genere, immortalati da Charlotte in Jane Eyre, che costarono la vita alle due maggiori, e minarono per sempre i polmoni di Emily e Charlotte. Per quanto una delle insegnanti avesse descritto la piccola Emily come “una bambina adorabile, l’autentica favorita di tutta la scuola“, la zia volle che fossero tolte di là per occuparsi lei, insieme al padre, della loro educazione. In mezzo c’era anche un fratello, Patrik Branwell, nato nel 1817, bambino geniale e più tardi giovane di promettente talento artistico, che però si accontentò di vivere all’ombra delle tre più celebri sorelle, e se ne andò anche lui precocemente da questo mondo nel settembre del 1848, morendo di tubercolosi aggravata dall’abuso di alcool e di droghe. Di lui rimane, fra gli altri dipinti, (il più famoso è quello delle tre sorelle insieme in abiti di foggia vittoriana) un ritratto di Emily che possiamo credere molto somigliante, quasi da poter cogliere nell’espressione seria del volto quell’intima ansia di libertà senza la quale moriva. Morì davvero invece essendosi ammalata per il freddo preso al funerale del fratello, rifiutando le cure mediche e continuando ogni giorno a occuparsi delle faccende domestiche. Era il 6 dicembre 1848. Fu sepolta nella cappella di famiglia, nella chiesa di St. Michael nel West Yorkshire. L’anno prima aveva dato alle stampe, pagando di suo l’editore londinese T.C. Newby, il romanzo Wuthering Heights, tradotto letteralmente in Italia con Cime tempestose. Il romanzo fu oggetto di notevole scandalo, considerato senza un fine morale dalla bigotta mentalità vittoriana per gli eccessivi comportamenti passionali dei protagonisti, fuorvianti da tutti i binari del perbenismo imperante. Solo pochi ne capirono la forza e l’originalità. Charlotte non accettò il verdetto, si impennò e dopo la morte della sorella, lo fece ripubblicare nel 1850, lanciandolo nel firmamento mondiale dei romanzi più letti e amati.

Frugando fra le pieghe dell’infanzia troviamo che oltre al padre e alla zia i piccoli Brontë furono affidati alle cure della governante Tabitha Aykroyd, “Tabby”, vedova di mezza età che prestò servizio nella canonica dal 1825 fino alla morte. Tabby curò la salute fisica e spirituale delle ragazzine, e del fratellino, portandoli a fare lunghe passeggiate nel verde lussureggiante della brughiera, raccontando loro vecchie storie popolari, accendendo la loro fantasia, travasando nelle loro menti il piacere del narrare. Il talento letterario di Emily, così come delle sue sorelle, si sviluppò perciò in età molto precoce. Il padre le aveva abbonate a una rivista per fanciulli e potevano disporre dei libri della biblioteca locale, dove Emily si appassionò ai romanzi di Walter Scott e alle saghe gotiche del mondo nordico, in particolare tedesco. Nonostante la famiglia fosse spesso colpita dai drammi tremendi delle morti acerbe, i bambini si divertivano inventando favole e scrivendole mediante il gioco infantile del “facciamo finta di avere un’isola ciascuno” nella quale isola ognuno creava castelli incantati e avventure fantastiche. Inoltre Patrik aveva ricevuto in dono dal padre una scatola di soldatini, che spartiva con le sorelle trasformati in protagonisti di storie rocambolesche. Sono all’attenzione di studiosi di letteratura inglese fiumi di scrittura di storie a ciclo, inventate dai Brontë, ricche di intrighi politici, sanguinose vendette e complesse storie d’amore. Sono state riportate alla luce anche le numerose poesie che Emily scrisse fin da giovanissima. In una di queste, fra le prime, Will the day be bright or cloudy, “Il giorno sarà luminoso o nuvoloso?” datata il 12 luglio 1836, paragona la vita di una bambina all’evolversi del giorno. È tenerissima. Scriveva poesie in ogni situazione. Sappiamo che nel 1838 era impegnata a insegnare in una scuola della zona e non sopportava regole e disciplina, dimostrandosi distratta ed intrattabile. Forse era la Catherine di Cime tempestose ardente, istintiva e imprevedibile a ruggirle dentro. In quel frangente di vita dura e difficile, riuscì a scrivere numerose poesie. Rientrata a casa Emily si dedicò alle faccende domestiche, seguita dalla sua affezionatissima Tabby, che stravedeva per lei e che nel romanzo diventerà Nelly-Ellen Dean, la saggia governante narratrice della storia, personaggio fondamentale cui sono stati affidati i fili di tutta la tramatura. Si cimentò anche con i pennelli e studiò pianoforte. Nel 1842, insieme alla sorella Charlotte partì alla volta di Bruxelles, per approfondire la conoscenza delle lingue e vi rimase per circa un anno quando dovettero tornare per il funerale della zia Elizabeth, deceduta all’età di 66 anni, lasciando alle tre nipoti una cospicua eredità. Nel gennaio successivo Charlotte ripartì per Bruxelles, Emily invece rimase a casa dove tornò ad occuparsi delle sue mansioni di padrona di casa e della sua attività poetica. Uno dei suoi quaderni capitò un giorno nelle mani di Charlotte che rimase talmente colpita dai versi da pensare immediatamente alla pubblicazione di un volume che raccogliesse le poesie di tutte le sorelle. Emily, indignatissima per l’invadenza della sorella, non ne voleva sapere, ma con la promessa che la loro identità sarebbe stata coperta da pseudonimi, acconsentì e nel 1846 il volume uscì con il titolo Poems by Currer, Ellis and Acton Bell. ogni pseudonimo partiva dalle iniziali del loro nome. Ne vennero vendute due sole copie, ma Ellis (ovvero Emily) ricevette critiche lusinghiere.

Cime Tempestose

Ambientato nella tenuta Wuthering Heights, antico maniero della brughiera inglese, impervia e dolce, visitata dal vento, scossa dalle tempeste, tappezzata di verde, fin dal titolo il romanzo si annuncia ammantato di quel romanticismo allo Sturm und Drang (in italiano tempesta e impeto) che dalla fine del ‘700 a tutto l’800 soffiava dalle narici di ogni tessuto letterario europeo. E non delude, insinuandosi nelle pieghe più degradanti e più esaltanti della miseria e della grandezza umana.
Da più parti si è posta la domanda di come avrà fatto una piccola esile donna della prima metà dell’’800, minata dalla tisi, dall’apparenza mite, ritrosa e timida, amante del silenzio e della solitudine, dar vita a quella straordinaria contrastata storia d’amore piena di struggente fascino carnale e mistico, fra Heathcliff, il trovatello e la padroncina, la pestifera ardimentosa Catherine Earnshaw: un amore senza pace, ossessivo e rabbioso che poté vivere nei loro cuori solo dopo la loro morte.
Oggi pur essendo considerato uno dei migliori esempi della letteratura classica, non solo vittoriana, ma mondiale, una frangia della critica è reticente nel definirlo un romanzo d’amore perché la storia che, di racconto in racconto, viene via via sgomitolata, è soprattutto una storia di soprusi, di angherie, di violenza, di cattiveria, di crudeltà  fisica e soprattutto, morale, cui fa da sfondo una ossessiva malattia d’amore che avvelena ogni forma di rapporto sociale. Eppure il lettore è continuamente spinto a prendere le difese di Heathcliff, a comprendere se non a giustificare i suoi comportamenti disumani mirati a vendicare l’orgoglio ferito, l’amore perduto. Per una beffa sinistra della sorte si era sentito vilipeso, respinto, rifiutato da Catherine, prima sua infantile compagna di giochi e complice di marachelle, ed era fuggito lontano da lei. Ma ora che torna e la trova sposata a Edgar Linton, il gentiluomo della tenuta confinante con Wuthering Heights, ha solo voglia di consumare la sua terribile vendetta senza risparmiare nessuno. E Catherine è la sua vittima, ricattata nelle più intime fibre del suo sentire, staffilata goccia a goccia per contenderla al marito, dilaniandola fino al suo ultimo respiro. Morirà di consunzione Catherine tra le sue braccia portando con sé nell’eternità le sue disperate parole: “Catherine, possa tu non trovare pace finché io avrò vita; perseguitami … Sii sempre con me, in qualsiasi forma, fammi impazzire! Non lasciarmi in questo abisso dove non riesco a trovarti! Non posso vivere senza la mia vita! Non posso vivere senza la mia anima!” E vagherà ramingo per la brughiera ventosa nelle notti di tempesta gridando il nome di Catherine, invocandola fin o al suo ultimo giorno.
La vita di Heathclif continua nella seconda parte del libro dove lo vediamo in preda all’odio  determinato a distruggere la famiglia che lo aveva accolto e cresciuto, impossessandosi delle vecchie proprietà della stessa con ogni sotterfugio, famelico di vendetta deciso di sfogare tutto il proprio odio. Passeranno tanti anni, prima che arrivi anche per lui l’ora del riposo eterno, continuerà a vivere toccando il fondo di ogni bassezza umana, tenendo vivo nel cuore come un castigo divino il fuoco del suo infelice amore.
Sorgeranno alla sua ombra personaggi nuovi che  daranno un senso anche alla sua vita. Chi saranno? Come potranno e in nome di che cosa saldare davanti al mondo il debito di Heathclif e Catherine?

Vi invito a scoprire cari lettori la fantasmagorica architettura di questo romanzo, scritto da una giovane donna oltre 170 anni fa, forse posseduta da arcani demoni, come talvolta è trapelato dalle confidenze di Charlotte. Ma sarà stato un modo per scagionare la sorella dalle accuse di peccaminose fantasie. E forse era il suo sogno /desiderio d’amore mai potuto avverarsi.
Grazie Emily.

Buona lettura,
Elisa

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