6 – DI TASSA IN TASSA: “La tassa sul macinato in Lessinia”

…a cura di Aldo Ridolfi

Poesia

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Particolare della prima pagina della Gazzetta Ufficiale del 1° agosto 1869; sono leggibili alcuni articoli della famigerata legge nota come “Tassa sulla macinazione”.
DI TASSA IN TASSA: “La tassa sul macinato in Lessinia”

Sesta puntata: Attorno alla tassa sul macinato, 1

Con la terza guerra per l’indipendenza l’Italia ottenne l’annessione del Veneto al Regno d’Italia. Era il 1866. Ma c’era gran poco da essere trionfalisti perché il deficit del bilancio dello stato era elevatissimo e il sistema fiscale iniquo. Basti quanto scrive lo storico inglese Denis Mack Smith: «I ricchi trovarono facile addossare il peso maggiore della tassazione sui poveri.» Poche essenziali parole che peraltro denunciano un’abitudine inveterata.
Così avvenne, per esempio, con la famigerata tassa sul macinato voluta dal ministro Quintino Sella. Essa vide la luce il 7 luglio 1868 con il numero 4490; era composta di 26 articoli più i 75 del Regolamento; entrò in vigore il 1° gennaio 1869 e si proponeva proprio di recuperare il denaro necessario per pareggiare il bilancio dello stato. Neanche a dirlo, ci furono immediatamente ripercussioni sui prezzi del pane e di altri generi di prima necessità. All’entrata in vigore della tassa ci furono numerose proteste popolari sedate con la forza dall’esercito. I morti furono oltre duecento e numerosissimi i feriti. A fare le spese di tutto questo furono le classi più povere. Quelle classi popolari che vedevano un certo Cristiano Gugole – ricordate? – lasciare una mojeta in eredità alla nuora o che vedevano Gioacchino Bosco – ricordate? – rubare una quarta e mezza (circa 12 kg.) di sorgo turco (il mais), o che vedevano  – ricordate? – decine di ettari di terreno abbandonati nel comune di Selva di Progno per «impotenza dei proprietari che non hanno potuto sostenere le spese per provvedere l’occorrenti semine»!
Ma tant’é, le tasse devono essere pagate, è un dovere civico.
Ma che cosa imponeva la tassa sul macinato e come funzionava?
Già l’articolo 1 la dice lunga:
«È imposta a favore dello Stato una tassa sulla macinazione dei cereali, giusta la tariffa seguente:
Grano, a quintale L. 2.
Granturco e segala, a quintale L. 1.
Avena, a quintale L. 1,20
Altri cereali, legumi secchi e castagne, a quintale L.  0.50.
Questa tassa dovrà essere pagata dall’avventore nelle mani del mugnaio, prima dell’esportazione delle farine.»
L’interpretazione è molto semplice, elementare. Il contadino, per ogni quintale di frumento che portava al mulino, doveva versare due lire o consegnare al mugnaio una corrispondente quantità di farina, calcolata sulla base del prezzo di mercato di quel momento. Analogo il discorso per mais, avena, ecc. Perfino la macinazione delle castagne era soggetta alla tassa. E le castagne, si tenga conto, i montanari le contendevano ai maiali. Ho raccolto personalmente la testimonianza di persone che sono riuscite, in tempo di guerra, a superare l’inverno razionando le castagne raccolte a ottobre. Su questi generi alimentari e su queste classi sociali si accaniva la tassa sul macinato.
Il nostro montanaro lessinico, ma anche quello più in basso, nel fondovalle, dopo aver bruciato quasi piangendo le olivele benedette nel camino per allontanare il rischio della grandine portata da temporali minacciosi che provenivano dal Lago, dopo aver invocato la pioggia per far germinare i chicchi di frumento nel corso di autunni o primavere siccitose, dopo aver raccolto con cura religiosa sulle tede le faje dorate di frumento (ma talvolta anche in casa, nell’unica stanza disponibile che poteva essere la cucina, come ho potuto constatare io stesso negli anni Cinquanta), dopo la trebbiatura che era comunque una giornata di grande gioia, ecco, si presentava anche l’esattore delle tasse, l’ultima tempesta, l’ultimo temporale che non perdonava, se mai gli altri, quelli meteorologici, nei mesi precedenti lo avessero fatto.
E poi, la tassa sul macinato era un capolavoro di astuzia per mettere contro mugnai e contadini perché essa trasformava il mugnaio in un intermediario tra il contadino e l’ufficio imposte. Mettendo in moto stratagemmi di ogni genere.
Qualcos’altro vedremo nella prossima puntata.

Aldo Ridolfi (6 continua)

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