RISPOSTE AI LETTORI 14 (espressioni dialettali)

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Risposta ai lettori 14 (espressioni dialettali)

   Riccardo vorrebbe sapere quale sia l’origine delle problematiche parole veronesi spegasso e imbugà. La prima ricorre in espressioni quale p. es. el d’à fato un spegasso «ne ha fatto un disastro; ne ha fatto uno sproposito», ghe n’era un spegasso «ce n’era una quantità enorme»; a Spinimbecco e paesi vicini, la variante spegazo significa «tragedia, paura; disegno informe; cosa o persona mal riuscita». In antico, e ancora oggi in alcuni paesi, spegassar vale «cancellare, scarabocchiare, rovinare»; il cimbro di Giazza ha ripreso il termine, e ne ha fatto il verbo spegatzàrn nel senso di «cancellare».

   Bondardo ci attesta il verbo in tutta l’area della Val Padana già prima del Trecento, e pensa a un derivato della parola settentrionale per “pece” (péga, da cui anche il pégola toscano): le piú antiche testimonianze sono il ligure pegazzà «imbrattata» e il milanese pegazao, col probabile senso di «sporcato, rovinato». Forse il senso originario fu «sporcare di pece, impeciare»; la voce sarebbe sorta nell’ambito dei pittori. Ma siamo nell’ambito delle mere ipotesi.

   Ancora meno chiara appare l’origine di imbugà, che significa «intasato, otturato, tappato; imbarazzato di stomaco, pieno come un uovo». È una voce diffusa nel Veneto, ma non presente nell’istriano e nel veneto dalmatico. Tra le possibili derivazioni alle quali accenna Bondardo, una sembrerebbe la piú logica: dal lat. imbutum «imbuto». Questo termine sarebbe divenuto nell’antico veneto *imbudo, da cui *imbudàr «inserire in un imbuto», divenuto poi «inserire troppo liquido o altre cose = intasare». Dal supposto *imbudàr a imbugàr, il passo sarebbe breve.

Giovanni Rapelli

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