3 – IL TERRITORIO E LA MEMORIA: STORIE POCO NOTE: “Sei navi veneziane nel Garda”

 …a cura di Aldo RidolfiPoesia

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Lago di Garda e Val Lagarina nella Carta detta dell’Almagià. Sono identificabili le sei navi.

Sei navi veneziane nel Garda

«Con il dileguarsi del ricordo soggettivo la distanza
non sarà solo maggiore, cambierà di qualità»
(Reinhart Koselleck)

Chi di noi non ha una carta geografica nella sua memoria? Con i suoi colori, dal marron delle montagne alle varie intensità di azzurro per indicare le profondità oceaniche; con i profili delle coste e le linee di confine che sembrano tracciate da una mano capricciosa e fantasiosa; con la sua capacità di trasportarci in un attimo dall’altra parte del mondo?
Così, Maria Bellonci, nelle prime pagine di Rinascimento privato, pone questa riflessione sulle labbra di Isabella: «Stava nello studiolo un mappamondo che mi intrigava molto e che più volte guardavo con qualche uomo dotto… Ad un certo momento mi perdevo nell’Oceano e fantasticavo di veder sorgere dalle acque quelle terre nuove».
E altrettanto nota è l’allegorica immagine della cartografia che ci propone Jorge Luis Borges: una carta geografica in scala 1:1! Con devastanti conseguenze però: «I Collegi dei Cartografi eressero una mappa dell’impero che eguagliava in grandezza l’Impero…  ma le generazioni successive, abbandonarono quella mappa alle inclemenze del sole e dell’inverni».
E concludo la carrellata con un ladro: quel Gilbert Bland, che fece sparire decine di carte geografiche storiche dagli archivi degli USA e del Canada per contemplarle poi nel segreto della sua casa.
Il fascino della cartografia è indiscutibile. Anche se, oggi, con i navigatori satellitari, rischiamo di perderlo del tutto.
Basta pigliare la “cosiddetta Carta dell’Almagià”, un documento cartografico (si pensi, di metri 3 circa per 2.25!) del Quattrocento che rappresenta il Veronese e alcune aree limitrofe. C’è la bassa veronese e c’è Mantova; il corso dell’Adige, dalle misteriose cime alpine alle grandi valli veronesi; la Val Lagarina incassata in oscure montagne e le valli ad est di Verona che si incuneano nell’altopiano lessinico; la rete stradale e quella idrografica.
Ma quel che colpisce ad uno sguardo curioso e attento, diciamo innamorato, come quello del ladro Bland o della nobile Isabella, è la presenza di sei imbarcazioni disegnate in mezzo alle montagne. Non proprio in mezzo alle montagne a dire la verità. Esse si trovano nella valle di Loppio, un solco vallivo che mette in comunicazione la Val Lagarina con il Garda. Due di esse si trovano tra l’Adige e il Lago di Loppio, una è dentro il lago e tre stanno scendendo verso il Garda. Mostrano nella loro parte anteriore un albero senza le vele. Tutta la carta è suggestiva, ma la sei imbarcazioni lo sono in modo particolare, ritratte là in un luogo dove non le si poteva immaginare. E ritratte in un documento cartografico che a questo punto diventa anche storico, perché è d’obbligo chiedersi che cosa ci facessero lassù quei natanti. Rispondo con le parole di Ezio Filippi che ancora nel 1992 così racconta l’antefatto storico: «Si tratta del ricordo di un avvenimento storico, cioè del trasporto di sei piccole navi dall’Adige al lago di Garda avvenuto nel 1439 per farle partecipare alla guerra in atto tra Venezia e il ducato di Milano. I Veneziani, non potendo condurre le navi attraverso il Po e il Mincio per l’opposizione del Marchese di Mantova, fecero uno sforzo più unico che raro e le trasportarono dall’Adige al Garda attraverso la valle di Loppio».
Ora la carta, recentemente restaurata e oggetto di uno studio impegnativo, si trova, proveniente da Vienna subito dopo la Prima guerra mondiale, nell’Archivio di Stato di Venezia, abilmente conservata: Gilbert Bland, per quanto astuto e scaltro, non potrà mai entrarne in possesso.

Aldo Ridolfi – (3 continua)

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